Le storie della migrazione non sono tutte uguali, non scappano tutti dalla miseria o dalla guerra. La migrazione è fatta anche di ragazze e ragazzi che sebbene nati da un’altra parte della Terra arrivano in Italia, nel nostro bel Paese con il desiderio di realizzarsi, e abbiamo il dovere di tenerne conto. La storia di Mohamed Hamdi, è quella di un ragazzo tunisino ispirato dall’Europa.
di Tina Cioffo
Mohamed Hamdi viene da una famiglia benestante e se fosse rimasto a casa, non avrebbe sofferto la fame né mai sarebbe stato vittima di razzismo ma aveva voglia di conoscere la vita fuori dalla Tunisia. Per lui, unico maschio di quattro figli, i genitori avevano altri progetti. Il papà lo avrebbe voluto accanto nel lavoro e la madre lo avrebbe coccolato senza sosta. “Volevo frequentare l’Università in Europa e – racconta Hamdi- dopo averne parlato a lungo con mio padre, mi consigliò di andare in Polonia. Lì lui ci era stato e serbava un buon ricordo. Mi sembrò giusto seguire i suoi consigli”. Il padre aveva conosciuto la Polonia del sud attraverso la città di Cracovia vicino al confine con la Repubblica Ceca ma Mohamed sceglie il nord e si trasferisce a Varsavia, il cui centro storico è dagli anni 80 tra i patrimoni dell’umanità dall’UNESCO. Le sue tre sorelle, lasciate in Tunisia, lo incoraggiano. “Suumaya che è dermatologa, Amel che è architetto e Ines che è dentista. Tre donne forti che hanno reso orgoglioso non solo i miei genitori ma anche me. Ho sempre pensato che uomini e donne sono come dita di una sola mano e sono uguali davanti a Dio. Chi li vuole di valore differente, non ha alcun appiglio nella religione né nella ragione”. Un punto di vista che potrebbe essere considerato un’ovvietà ma la realtà dei fatti spesso ci dice il contrario, nella cultura araba ma anche in quella europea. L’emancipazione femminile a volte, è solo uno slogan.
“A Varsavia ho frequentato Ingegneria Civile per cinque anni, terminando tutti gli esami del mio corso di laurea. Quando arrivai – ricorda- parlavo in inglese in attesa di imparare il polacco così come ho poi fatto”. Le lingue straniere per Mohamed non sono un mistero, è veloce nell’apprendimento e non solo con le parole. Gli basta osservare meccanismi, dinamiche e modalità di esecuzione di qualsiasi cosa per riuscire a replicare esattamente quello che ha visto. In Polonia per quanto fosse un giovane studente pieno di ottimi propositi, la vita non gli ha risparmiato pregiudizi razziali. “Mi chiamo Mohamed e spesso già solo il mio nome era sufficiente per farmi chiudere le porte”. Tra un esame ed una nuova esperienza, a Varsavia nel 2013, incontra la donna che gli avrebbe dato sua figlia Teresa. “Ero profondamente innamorato di mia moglie e quando nel 2015 ci sposammo, mi sembrò di aver compiuto un disegno di vita. Nel 2017 con la nascita di mia figlia Teresa ero al settimo cielo”.
Terminati gli esami del corso di laurea in Ingegneria Civile, Hamdi lavora come pianificatore di produzione della Pepsi e poi per due anni presso Chipita. Lo stipendio non era altissimo ma riusciva a gestire le spese, poi però è arrivata la pandemia Covid e per fronteggiare le esigenze finanziarie Mohamed ha dovuto mettersi in viaggio. “In Italia avevo delle conoscenze ed il 28 agosto del 2020 sono arrivato qui pieno di nuove speranze”. Arriva a Castel Volturno, in provincia di Caserta, posto di frontiera, senza certezze, senza paracadute sociale e senza conoscere la lingua ma questa era l’aspetto che lo preoccupava meno di tutti. Il suo primo alloggio è stato al Centro Fernandes, una struttura di Prima Accoglienza per Immigrati inaugurata nel 1996 dall’ Arcidiocesi di Capua. “Lavoravo, studiavo e tornato al Centro ricominciavo a lavorare con ritmi estenuanti ma sapevo di doverlo fare perché a casa in Polonia, avevo lasciato una moglie ed una figlia e avevo il dovere di sacrificarmi. Avevo la certezza – confessa- che tutto potesse sistemarsi e che sarei presto tornato a casa o mi avrebbero raggiunto loro. Non mi importava di null’altro”. In soli tre mesi impara l’italiano ed in un anno consegue la qualifica di mediatore interculturale . Quando il programma Supreme Italia (Sud Protagonista nel superamento delle Emergenze in ambito di grave sfruttamento e di gravi marginalità degli stranieri regolarmente presenti nelle cinque regioni meno sviluppate) nell’ambito dei fondi AMIF- Emergency Funds della Commissione Europea – DG Migration and Home Affairs, ha finanziato l’apertura di un Polo sociale per migranti, gestito dal Consorzio Nuova Cooperazione Organizzata, proprio a Castel Volturno, per Mohamed Hamdi, trovare un lavoro come mediatore è stato immediato. In Italia le cose non sono semplici e specie per quel che riguarda la richiesta dei documenti. Quel che potrebbe essere semplice è reso complicato da mille giri burocratici e, forse a volte, anche da un’incompetente volontà di dare risposte. “Al Polo – dice- ho incontrato persone speciali come Mercedes Nicoletti e Nicoletta Errichiello, che sento vicine come se fossero mie sorelle, anche se non partorite da mia madre. Le conoscono oramai anche la mia famiglia in Tunisia. Mi hanno aiutato anche solo ascoltando i miei momenti di tristezza e questa è una cosa che non potrò dimenticare”.
Ora è nella squadra di Emergency, associazione nata nel 1994 per offrire cure medico-chirurgiche gratuite e di elevata qualità alle vittime delle guerre, delle mine antiuomo e della povertà. Lavora allo sportello e si imbarcherà sulla Life Support di EMERGENCY per salvare, insieme ad altri, vite nel Mediterraneo, da anni la rotta migratoria più pericolosa del mondo. La prima missione in mare non sarà facile ma Mohamed Hamdi, il ragazzo tunisino ispirato dall’Europa, sa bene quale sia la sua rotta.
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