Assoluzione perchè il fatto non sussiste per i vertici della Bcc di Aversa, accusati di bancarotta fraudolenta. Oggi la lettura del dispositivo di sentenza al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere
Assolti con formula piena i vertici della Banca di credito cooperativo di Aversa, accusati di aver concesso finanziamenti a clienti in assenza di garanzie. La seconda sezione penale del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presidente Rosetta Stravino, a latere Benedetta De Risi e Honorè Dessì, ha stabilito che il presidente della banca Enrico Giuliano, il vicepresidente Cesario Bortone e il direttore Vincenzo Arbore, finiti nel 2011 agli arresti domiciliari nell’ambito di un’inchiesta giudiziaria della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, non avevano commesso il reato di bancarotta fraudolenta. Assoluzione piena anche per gli altri 15 imputati. Già assolti precedentemente, con rito abbreviato, il commercialista Domenico D’Agostino ed il componente del collegio sindacale della Bcc Cosimo Iuliano. Fu il nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Caserta a notificare le ordinanze firmate dai magistrati inquirenti Antonella Cantiello e Maurizio Giordano.
Dopo otto anni, viene così fatta chiarezza su uno dei casi più eclatanti della storia aversana, visto anche il coinvolgimento di persone note per aver ricoperto ruoli politici di spicco, come ad esempio l’ex parlamentare Paolo Santulli.
Nella memoria difensiva del presidente Giuliano, difeso dai legali Vincenzo Gaudino e Ferdinando Trasacco, è stato sottolineato che fu operata “ una clamorosa confusione tra il patrimonio della Banca (per la riduzione del quale era stato dichiarato lo stato di dissesto) e le somme versate dai correntisti (i cosiddetti “depositi bancari”), con la conseguenza che è passato erroneamente il concetto, giuridicamente devastante nel corso delle indagini, secondo cui sarebbero state illegittimamente prelevate dal conto corrente dei depositanti notevoli somme di pertinenza di questi ultimi. Non è stato prelevato alcunché dal conto dei depositanti e non era, nemmeno, possibile che ciò potesse accadere”.
L’accusa era “di avere distratto dal patrimonio della Bcc di Aversa, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, somme depositate sui conti correnti gestiti dall’indicato Istituto di Credito, pari a circa 4 milioni di euro, mediante la concessione di aperture di credito prive, totalmente o parzialmente, di garanzie reali o creditizie, operazioni effettuate anche attraverso la sistematica elusione delle normativa antiriciclaggio”.
La Bcc di Aversa nacque il 7 novembre del 2006, ma nel febbraio del 2009 la Banca d’Italia, a conclusione di una indagine ispettiva, revocò l’autorizzazione e la mise in liquidazione.
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