Si moltiplicano gli annunci di nuovi vaccini contro COVID-19, che potrebbero permetterci di mettere finalmente la parola fine a questa terribile pandemia. Ma cosa sono i vaccini, e come sono stati scoperti? Si interroga uno studente del Biomedico, del liceo Garofano di Capua.
Fin dall’antichità, l’uomo ha intuito il meccanismo che si trova alla base di un vaccino: la memoria immunitaria che ci permette di non ammalarci due volte della stessa malattia infettiva (causata da agenti patogeni: virus, batteri o protozoi). Durante l’epidemia di peste ad Atene del 429 a. C., in piena guerra del Peloponneso, lo storico greco Tucidide osservò che raramente chi era stato malato contraeva nuovamente la malattia. Intorno all’XI secolo si sviluppò in Cina la variolizzazione, una tecnica che consisteva nel deporre sottopelle pus infetto di vaiolo a persone sane, allo scopo di ottenere l’immunizzazione. In passato molto diffuso in Oriente, questo procedimento rudimentale era abbastanza efficace, ma anche molto pericoloso, in quanto si andavano ad immettere nell’organismo virus umani interi.
Nel 1796, il medico inglese Edward Jenner fece una scoperta destinata a cambiare il mondo. Osservò che i mungitori di vacche che contraevano il vaiolo bovino sviluppavano solo una forma lieve della malattia, risultando poi immuni al vaiolo umano, molto più pericoloso. Jenner testò questa sua scoperta su un bambino di otto anni, iniettandogli del materiale di una pustola di vaiolo bovino. Quando in seguito il medico inoculò al fanciullo il virus del vaiolo umano, questi ne risultò totalmente immune. Fu così che venne scoperto il primo vaccino. In seguito si cercò di estendere la pratica della vaccinazione anche ad altre malattie, ma i primi tentativi ebbero poco successo.
Nel 1879, il chimico e biologo francese Louis Pasteur fece una scoperta del tutto casuale: aveva lasciato alcuni batteri del colera fuori dal terreno di coltura, indebolendoli, e poi li aveva iniettati ad alcuni polli. Quando inoculò nei pennuti il batterio integro, ne constatò l’immunità. Da questo caso fortuito Pasteur capì che i vaccini, per essere efficaci e sicuri, dovevano contenere sì agenti patogeni, ma indeboliti. Da allora, grazie al contributo di numerosi scienziati, i vaccini si perfezionarono e diffusero sempre di più, specialmente dopo la seconda guerra mondiale. Il primo grande risultato a livello globale si è raggiunto nel 1980, quando l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato debellato il vaiolo in tutto il mondo. Grazie ai vaccini, nei Paesi sviluppati sono state debellate molte altre malattie, come la malaria o la poliomielite, mentre nei Paesi in via di sviluppo di punta più a tenere le patologie ragionevolmente sotto controllo.
Nonostante l’enorme aumento della qualità e della speranza di vita dovuto ai vaccini, fin da subito c’è stato chi si è opposto al loro utilizzo, per vari motivi. All’inizio, le principali critiche mosse ai vaccini erano di natura ideologica o religiosa (in riferimento all’inserimento di materia “animale” nel corpo umano, o a teorie religiose come la predestinazione). Oggi gli antivaccinisti sostengono che i vaccini arricchiscano le multinazionali farmaceutiche (Big Pharma), causino malattie come l’autismo, contengano microchip per controllare le persone e molte altre teorie strampalate, tutte ampiamente confutate. Al di là del complottismo, i vaccini sono stati per la medicina una rivoluzione. Grazie a questi importantissimi farmaci, oggi non conosciamo quasi più terribili malattie spesso mortali, e siamo sulla buona strada per debellarne molte altre. L’ultimo grande successo dei vaccini, si spera, sarà quello di traghettarci fuori da questa pandemia e di restituirci la nostra vita.
A cura di Riccardo Belgiorno.
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