Mezzo mondo si è fermato dopo il problema nell’aggiornamento del software Falcon Agent di Crowdstrike. Non il paese del Dragone, che ha sviluppato un sistema di autosufficienza tecnologica
In un’epoca dominata dalla globalizzazione digitale, la Cina è stata la prima nazione a comprendere e attuare una frammentazione strategica del suo cyberspazio. Questa mossa, volta a garantire sia il controllo interno sia l’autonomia dall’esterno, si è materializzata attraverso l’implementazione del “Great Firewall of China”. Questo sistema è stato progettato per bloccare l’accesso a tutti quei siti web che non supportano il Partito Comunista Cinese (PCC).
Un esempio dell’efficacia di questa strategia è emerso di recente: mentre gran parte del mondo era paralizzata da un guasto al sistema Microsoft, in Cina la vita digitale ha continuato indisturbata. I principali fornitori di servizi cloud nel Paese del Dragone sono aziende nazionali come Alibaba, Tencent e Huawei, che garantiscono un’infrastruttura tecnologica autosufficiente.
Negli ultimi anni, le istituzioni governative, le imprese e gli operatori di infrastrutture cinesi hanno progressivamente sostituito i sistemi IT esteri con soluzioni nazionali. Questo movimento ha portato alla diffusione del termine “splinternet”, che descrive una frammentazione protezionista di Internet in netto contrasto con la concezione originaria della rete globale ideata da Tim Berners-Lee e dal suo team al CERN.
La visione cinese delle reti parallele non è solo tecnologica, ma anche politica. Il governo di Pechino utilizza queste reti per esercitare un controllo più stretto sulla popolazione e per rafforzare la difesa nazionale. Questo modello ha ispirato altre nazioni, come l’Iran e la Russia, a percorrere strade simili verso l’autonomia digitale. L’approccio di frammentazione del cyberspazio adottato dalla Cina, seguito da Iran e Russia, rappresenta un modello di autonomia e controllo cibernetico che, sebbene contestato, mostra una certa efficacia nel garantire la continuità operativa e la sicurezza nazionale in un mondo sempre più dipendente dalla tecnologia.
Iran e Russia: verso un’autonomia digitale
L’Iran, in seguito alla Twitter Revolution, ha iniziato a sviluppare una propria rete parallela e controllata per limitare l’influenza esterna e contenere le sollevazioni interne contro il regime. Recentemente, anche la Russia ha intrapreso questo percorso con la creazione di RuNet, una fortezza digitale sotto il controllo statale che promuove la sovranità informatica.
Mentre i software di aeroporti, banche, ospedali e telecomunicazioni in tutto il mondo subivano interruzioni a causa di un errore nell’aggiornamento del software Falcon Agent di Crowdstrike, Cina e Russia sono rimaste immuni. Questo perché i due paesi non dipendono da Crowdstrike né utilizzano Windows sui loro server, puntando invece sull’autosufficienza tecnologica e la sostituzione dei servizi IT occidentali con soluzioni nazionali.
Cina: un modello di autosufficienza tecnologica
La Cina ha sviluppato un programma di sostituzione dei servizi IT esteri con soluzioni nazionali per motivi di sicurezza nazionale e geopolitici. Questo approccio riflette una politica simile a quella di alcuni paesi occidentali che hanno vietato l’uso della tecnologia Huawei per motivi di sicurezza. Gli analisti hanno coniato il termine “splinternet” per descrivere questi interventi di frammentazione della rete globale a fini geopolitici.
Il governo di Xi Jinping, grazie a un panorama tecnologico nazionale variegato, può controllare il rapporto dei cittadini cinesi con la tecnologia. In Cina, le rare interruzioni di servizio sono state causate da aziende straniere, non da quelle nazionali, rafforzando ulteriormente l’argomentazione a favore dell’autosufficienza tecnologica.
In Russia, il contesto è diverso ma con risultati simili. Le sanzioni occidentali imposte a seguito della guerra in Ucraina hanno costretto il paese a ridurre la dipendenza dai servizi IT occidentali, spingendo verso l’adozione di soluzioni nazionali. Oggi, il mercato russo è dominato da aziende di cybersecurity locali come Kaspersky Lab. Funzionari del Cremlino hanno sottolineato l’importanza della sostituzione del software straniero, con istituti di credito e altre entità che passano a utilizzare prevalentemente software nazionali.
Un esempio significativo è la banca VTB, che prevede di aumentare l’uso di software domestici dall’85% al 95%, con un investimento di 50 miliardi di rubli (oltre 500 milioni di euro). Il guasto di Crowdstrike ha fornito un’opportunità ai cybercriminali, che hanno approfittato della confusione generata per lanciare attacchi di phishing e truffe. Crowdstrike, dopo aver risolto il problema, ha avvisato i propri clienti di diffidare di domini non ufficiali e ha consigliato di utilizzare i canali ufficiali per ottenere informazioni accurate.
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