Il padre della bimba contagiata dal Covid 19 a Francolise esprime la sua rabbia per la negligenza con cui l’autorità sanitaria ha affrontato l’emergenza del suo nucleo familiare. Il contagio della piccola è legato a quello dello zio
Bimba positiva al Covid 19. Tampone dopo diffida legale
A Francolise c’è un settimo caso di positività al Coronavirus. Si tratta di una bambina di sei anni. Alessandro è il suo papà e da Facebook aveva lanciato l’ allarme dopo che era stata riscontrata la positività di suo fratello, con il quale aveva vissuto la vita quotidiana fino all’esito del test. C’era stato un notevole ritardo nei test e attraverso la sua pagina social aveva acceso i riflettori sulla sua condizione familiare. È riuscito a ottenere il tampone solo dopo una diffida legale, nonostante in tanti abbiano fatto la corsa ad attribuirsi meriti per il diritto ottenuto, tra post e video, con il rischio di far passare il messaggio di un atto dovuto come intercessione del politico di turno.
Alessandro, che lavora nel settore farmaceutico ed è ritornato nella sua terra, dopo essere stato per 15 anni in altre città d’Italia, è preoccupato per la sua bambina, ma anche per il figlio di nove anni, cardiopatico e dunque particolarmente a rischio.
“Il tampone per mio figlio è risultato negativo, ma essendo stato in stretto contatto con la sorellina e avendo i sintomi del Covid 19, come la febbre, si rende necessario ripetere il test”, dice Alessandro, che ha già attivato il medico di base e l’Asl, ma al momento senza risposta. “Non posso correre rischi, mi sto attivando per riuscire almeno a poter effettuare su mio figlio il test ematico, per avere subito indicazioni e correre ai ripari immediatamente. Se volete far morire noi adulti, almeno per favore- dice da padre in ansia – abbiate pietà per i bambini! Mi trovo in una condizione assurda: se mio figlio dovesse stare male, non potrei neanche portarlo in ospedale per non trasgredire la legge e intanto non ci viene garantito il diritto alla salute”.
Alessandro, che vive nella stessa casa dei genitori in attesa che si completi la ristrutturazione della sua, non nasconde l’amarezza per la mancata presa in carico da parte dei servizi sanitari. “Non c’è orientamento, per giorni l’Asl, prima del tampone, con mio fratello positivo in casa, si è limitata ad una raccolta dati sui sintomi febbrili dei componenti della mia famiglia. Il tampone però non arrivava mai e così mi sono dovuto rivolgere a un avvocato per poter avere i test previsti dalla legge, è assurdo che si gestisca un’emergenza in questo modo. E’ un girare continuo intorno al problema senza affrontarlo seriamente! Non voglio polemizzare, ma voglio solo che la mia storia e quella della mia famiglia venga conosciuta perché la verità deve emergere, perché non ci devono essere cittadini di serie a e di serie b, soprattutto quando in gioco c’è la vita”.
Alessandra Tommasino
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