Il recupero dei beni confiscati alla famiglia di Michele Zagaria, è ancora un punto interrogativo
Che fine hanno fatto i due immobili confiscati a Michele Zagaria? Sono stati utilizzati per dimostrare che la parte buona vince sempre? La risposta questa volta non è ‘sì’ ma nemmeno ‘no’. Il riutilizzo sociale è avvenuto a metà.
In un territorio a metà tra Casapesenna e San Cipriano d’Aversa, di beni confiscati riferenti all’ex capoclan dei Casalesi oggi ergastolano ce ne sono due. Il primo per lungo tempo è stato sede di una filiale del Banco di Napoli, poi dismessa. Molto fece discutere anche la stessa presenza, voluta da una commissione prefettizia, di un istituito di credito nel bene confiscato che doveva e poteva essere invece riutilizzato ad uso sociale. Senza casse e cassieri, il pian terreno fronte strada è ora vuoto. Il piano superiore della palazzina che fa angolo con via don Peppe Diana, qualche centinaio di metri dal Municipio, ha ospitato Legambiente, un presidio dell’associazione Libera, poi Fareambiente. Il piano inferiore è stato concesso alla Protezione civile e alla Caritas.
Il secondo bene confiscato, si trova lungo via don Salvatore Vitale poco prima di arrivare al Tempio ‘Mia Madonna e mia salvezza’. E’ stata la roccaforte della famiglia di Michele Zagaria alias ‘capastorta’, ci abitavano la madre Raffaella ed il padre Nicola, la sorella Gesualda e probabilmente anche lo stesso Zagaria nel suo periodo di latitanza, durato oltre 15 anni. La casa non è una semplice abitazione. Il grande cancello apre ad un lungo viale alberato. Tutta la struttura, sequestrata nel 1995, confiscata nel 2010 e consegnata al patrimonio comunale sanciprianese il 16 novembre 2016, è formata da tre ville, un capannone industriale ed un annesso ufficio, un terreno agricolo ed un ampio, in lungo e largo, giardino in parte ricoperto da rovi ma che certo memore di anni rigogliosi. Un complesso articolato per il quale, il sindaco di San Cipriano D’Aversa, Vincenzo Caterino, aveva pensato di avviare un concorso di idee con il coinvolgimento di tutte le associazioni presenti sul territorio. Un iter interessante ma non ancora avviato. Nel frattempo, il capannone è usato come deposito per i mezzi della raccolta differenziata. Sei tra camion grandi e piccoli del consorzio Cite che gestisce la raccolta nel Comune sanciprianese, sono parcheggiati sotto alla tettoia. Il Cite, secondo quanto stabilito nel contratto deve pagare un fitto di circa 1500euro da destinare al recupero del bene e ai servizi sociali tramite un conto corrente dedicato e vincolato.
Delle tre ville protette dal lungo muro di recinzione, due sono allo stato grezzo, l’una difronte all’altra e quasi a guardia dell’intera struttura. Dovevano essere le abitazioni di Pasquale e Antonio Zagaria, fratelli di Michele. Il tetto costruito in entrambe ha evitato che le intemperie potessero guastare anche le parti interne, ancora senza intonaco ma con scale e tramezzature fatte. La terza villa, alla fine del viale è quella nella quale hanno abitato i genitori e la sorella. Un lucernaio a cupola illumina una enorme scala. Nella cantina, all’interno della quale ci si arriva a fatica tra fili di impianto elettrico divelto e depredato del rame, e materiale bruciato da un vecchio incendio ancora si intravede un bigliardino, delle poltroncine ed una scrivania. Tutto intorno piante di piccolo e grosso fusto, un campetto di calcetto delimitato da una rete verde ed in lontananza, come da antologia criminale, l’immancabile statua di Gesù Cristo che stona con tutto il resto. Al primo piano ci sono ancora delle scarpa forse dimenticata o forse lasciata apposta e poi quaderni su cui le sorelle Michele Zagaria, appuntavano cose e le nipoti di facevano i compiti.
E tutte le altre ricchezze che fine hanno fatto? Uno dei fratelli Michele Zagaria, Carmine ora abita a San Marcellino che da Casapesenna dista solo qualche centinaio di metri. Con la moglie Tiziana Piccolo, ha aperto lungo Corso Italia anche un negozio di abbigliamento.
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