Camorra in Veneto, economia infiltrata

Una vasta operazione in Veneto ha portato a 50 arresti e ha dimostrato l’infiltrazione della criminalità organizzata in vari settori economici. Le indagini sono state avviate 20 anni fa.

Le indagini sono partite nel 1996 e stamattina l’attività investigativa anticamorra ha portato ai 50 arresti da parte della Dda di Venezia. In oltre 20 anni si sono raccolte prove a carico di diversi personaggi che “hanno sviluppato un ruolo camorristico di rilievo”, ha sottolineato il Procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho. “Nell’ organizzazione criminale individuata ci sono veri e propri servizi illegali che – ha spiegato De Raho- la camorra svolge per il mondo imprenditoriale veneto, come il recupero crediti”.

“E’ stato appurato che il sistema economico si rivolgeva alla camorra per risolvere i propri problemi -ha continuato il procuratore nazionale antimafia – e si tratta proprio del clan dei Casalesi che si è proiettato in Emilia Romagna e ora radicato in Veneto, dove offre servizi illegali come il recupero crediti e manodopera a costi molto bassi”. “Riescono a porsi sul mercato – ha aggiunto – perché non adempiono a oneri fiscali e previdenziali, chi lavora con loro ha solo uno stipendio netto. Ecco quindi che abbiamo lavoro nero, caporalato, soggetti che acquisiscono manodopera da offrire agli imprenditori”.

Al Nord camorra come riferimento

Secondo l’analisi di Cafiero de Raho, purtroppo c’è una parte del Nord che “riconosce alla camorra una forza di riferimento. E’ necessario combattere la camorra con la denuncia e la costruzione di barriere di legalità e – ha avvertito – se non lo si fa in Veneto, l’economia diventa sempre più infiltrata dalle mafie che, come imprese camorristiche, entrano nell’economia e si accaparrano lavori in subappalto o appalto ma sempre sono presenti sul territorio inquinando l’economia e la politica”.

Nord Est deve riflettere per evitare territori siano sede stabile

L’operazione portata a termine da Polizia di Stato di Venezia ed il Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Trieste, che ha portato a 50 misure di custodia cautelare per associazione a delinquere di stampo mafioso ed altri gravi reati, nonché 11 provvedimenti di obblighi di dimora per il Procuratore capo di Venezia, Bruno Cherchi “dimostra la presenza da anni di una cosca che fa riferimento al clan casalese, un’organizzazione autonomamente organizzata e strutturata in Veneto dove svolgeva attività nella commissione di delitti di varia natura: riciclaggio, usura, estorsioni, rapine, attività che passavano attraverso l’ organizzazione di strutture societarie che operavano in campo economico”.

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