Camorra, caseifici obbligati: arrestato figlio di Schiavone ‘Sandokan

Sarebbe stato a capo di un gruppo criminale dedito alla gestione e al controllo, con modalità estorsive, della distribuzione di prodotti caseari nel casertano, tramite società intestate a prestanome. Per questo motivo è stato arrestato Walter Schiavone, uno dei figli dello storico capoclan dei Casalesi Francesco Schiavone, detto Sandokan.

Un’articolata attività investigativa, coordinata dalla Dda di Napoli, ha permesso di smascherare il sistema criminale messo in piedi, secondo gli inquirenti, da Walter Schiavone figlio del capoclan dei Casalesi Francesco Schiavone alias ‘Sandokan ed altre 4 persone ai danni di alcuni caseifici della zona sorrentina, con modalità estorsive. Agli arresti sono finiti: Nicola Baldascino, classe 1977; Antonio Bianco, classe 1980; Armando Diana classe 1981; Davide Natale classe 1995. Schiavone era in una località protetta, per via della collaborazione del fratello Nicola, quando i carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta sono andati a prelevarlo notificandogli l’ordinanza emessa dal Gip di Napoli. Un particolare che pone certamente qualche interrogativo sul cambiamento reale di chi da un lato beneficia dello Stato e dall’altro invece mina il sistema legale. Secondo la ricostruzione del quadro indiziario, il gruppo operava tramite due società ritenute riconducibili a Schiavone, e gestite da fiduciari o prestanome. Per l’accusa, il gruppo criminale obbligava vari titolari di caseifici della penisola sorrentina a rifornire in via esclusiva di prodotti le loro società , impedendogli di avere rapporti con altri distributori. Gli imprenditori venivano poi costretti a non riscuotere crediti per decine di migliaia di euro. I prodotti sarebbero stati distribuiti in regime di monopolio nella stessa penisola sorrentina e nel Casertano, in particolare ad Aversa e nei comuni limitrofi.
L’ultima fase, quella della commercializzazione, avveniva, secondo gli investigatori, eludendo il sistema di tassazione fiscale, senza che i marchi delle società comparissero nella documentazione contabile consegnata ai rivenditori al dettaglio. I cinque sono accusati di associazione di tipo camorristico, detenzione e porto in luogo pubblico di armi da sparo e da guerra, intestazione fittizia di quote societarie, concorrenza illecita ed estorsione, reati aggravati dalla finalità mafiosa. Tina Cioffo

Gestione cookie