Camorra a Casal di Principe, la sentenza: “Il paese deve essere risarcito”

di Tina Cioffo– Al comune di Casal di Principe, la sentenza della Corte di Assise ha riconosciuto un risarcimento per aver patito la camorra del clan dei Casalesi.

Paura, inquietudine, mancanza di sviluppo e di investitori, pregiudizi e determinazioni negative sia sulla realtà territoriale e sia sul tessuto sociale. Sono i danni che la camorra ed i camorristi, a partire dall’era di Bardellino, hanno portato a Casal di Principe e se i casalesi hanno sofferto ed in parte ancora continuano a farlo, anche i più giovani, la responsabilità non è del destino o di qualche altra forma eterea. La colpa è del clan dei Casalesi, dei vecchi capi, degli assassini, degli estorsori e di quelli che sono in carcere per aver ucciso sodali ed innocenti. A dirlo non è un’associazione di volontariato, un politico di turno o una teoria sociologica. A metterlo nero su bianco è invece, una sentenza della Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere che ha condannato all’ergastolo Walter Schiavone per essere stato il mandante dell’omicidio di Giliberto Cecora, zio di Giuseppe Quadrano killer di don Giuseppe Diana, il prete di Casal di Principe che fu ucciso il 19 marzo del 1994 nella sua parrocchia San Nicola di Bari. Augusto Di Meo, riconobbe il killer. La morte di Cecora venne decisa in risposta all’omicidio di Valentino Guarino, persona molto vicina a Schiavone Francesco Cicciariello che era stato ammazzato qualche giorno prima e che abitava nella stessa strada del Cecora per cui gli Schiavone sospettavano che avesse avuto anche una parte diretta nell’omicidio. I danni subiti dai cittadini di Casal di Principe da un punto di vista economico, sociale, culturale e psicologico vengono riconosciuti con precisione. Il Tribunale riconosce per iscritto i danni arrecati dal clan dei Casalesi per la sola presenza nel comune della provincia di Caserta. Il sindaco del paese, Renato Natale la definisce “sentenza storica che cristallizza la realtà vissuta dai casalesi veri”.

La colpa è dei camorristi

Nessun giro di parola attorno al potere della consorteria criminale che è stato devastante e ha pregiudicato il normale sviluppo delle attività economiche- produttive, “condizionando con imposizione estorsive il virtuoso incremento dei redditi di impresa e scoraggiando significativamente ulteriori investimenti aziendali, si legge nelle motivazioni della sentenza. E tanto dovrebbe bastare a far odiare i camorristi e chi crede ancora di poter mutuare quel tipo di pratica criminale anche se con un modus operandi più sofisticato. I figli dei vecchi capi che credono di poter calcare le carriere dei loro padri, nonni e zii dovrebbero essere messi subito nell’angolo, isolati come un batterio mortale. Farlo, non per un dovere morale di memoria ma per una difesa legittima dinanzi all’offesa e al carico di sofferenza arrecati.

I danni vanno risarciti

“La collettività è stata privata della libertà di godere di un ambiente sociale tranquillo”, scrivono i giudici. In altri termini, i casalesi, quelli bravi ed onesti, sono stati condannati ad un ergastolo di isolamento da quei camorristi che per paura o per omertà di convenienza hanno difeso e protetto. Quanto è scritto nella sentenza, redatta dal giudice Giovanna Napoletano e dal giudice Massimo Urbano, certifica quello che a più riprese è stato a partire dagli anni ’80. La sentenza di condanna per Walter Schiavone, è del 2016 ma solo da poco è divenuta esecutiva. Il comune di Casal di Principe si era costituito parte civile così come già fatto per altri procedimenti penali. Si tratta di una presa di coscienza che spazza via qualsiasi tipo di piaggeria e potrebbe guidare le future scelte della società che, ancora una volta, anche se in forma diversa si trova a dover decidere se rigettare la ri-organizzazione criminale o se rassegnarsi e aspettare che altri vengano in aiuto. Semmai, sentenze dello stesso tipo solo che poi sarebbe davvero troppo tardi per credere che null’altro poteva essere fatto.

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