Bike sharing e i suoi lati oscuri

Sembravano la svolta e invece in Cina è stato prodotto un numero incontrollato di bici elettriche per il bike sharing, cosa che ha portato a tantissime bici inutilizzate ammassate nei cosiddetti “cimiteri di biciclette”

Distese sterminate di biciclette abbandonate in quelli che vengono definiti “cimiteri”: è questo il lato oscuro del bike-sharing cinese. Ma andiamo più nel dettaglio.

Il boom del bike sharing

È iniziato tutto nel 2017, quando il bike-sharing ha iniziato a spopolare in tutto il mondo e, in particolar modo, in Cina.

Qui è partita una vera e propria competizione tra le società cinesi di bike-sharing. Pensa che in soli 2 anni, sono nate circa 70 aziende di noleggio di biciclette e, senza un quadro regolamentare chiaro sul numero di bici in circolazione e su una gestione efficiente delle risorse, sono state prodotte e diffuse circa 27 milioni di biciclette nelle principali città della Cina. Numeri impressionanti anche per un Paese notoriamente popoloso.

Il boom del bike sharing e i suoi lati oscuri

Tutto è iniziato nel 2017, quando il bike-sharing ha guadagnato popolarità in tutto il mondo, e in particolare in Cina.

Qui si è sviluppata una vera e propria competizione tra le società cinesi di bike-sharing: in soli due anni, sono nate circa 70 aziende di noleggio biciclette. Senza una regolamentazione chiara sul numero di bici in circolazione e sulla gestione delle risorse, sono state prodotte e distribuite circa 27 milioni di biciclette nelle principali città cinesi. Numeri impressionanti anche per un Paese notoriamente popoloso.

Bike sharing e i suoi lati oscuri
Bike sharing e i suoi lati oscuri – Kentaro Iemoto/flickr – Ireporters.it

 

Il numero di utenti è aumentato gradualmente: nel 2017, 235 milioni di persone hanno utilizzato una bicicletta condivisa, con un aumento del 14,6% rispetto al 2016. Tuttavia, dopo il boom del 2017, le aziende di bike-sharing hanno subito un crollo.

La sovrapproduzione di biciclette ha sicuramente contribuito al fenomeno dei cimiteri di bici, ma non è l’unica causa. Un esempio emblematico è quello di un’azienda cinese di bike-sharing che ha dovuto chiudere dopo che il 90% delle sue biciclette è scomparso nei primi cinque mesi.

Diversamente dai concorrenti, questa azienda non aveva dotato le sue biciclette di sistemi GPS per la localizzazione. Quando si è resa conto dell’importanza di questa tecnologia, i fondi erano già esauriti. Questo è cruciale poiché una caratteristica del bike-sharing cinese è l’assenza di stazioni di ancoraggio.

Nella maggior parte dei casi, le biciclette sono dotate di un chip GPS che consente agli utenti di localizzarle. Gli utenti possono sbloccare le bici tramite un’app (spesso usando un QR code), iniziare il noleggio e pagare la corsa direttamente con lo smartphone.

Alla fine del viaggio, lasciano la bici ovunque vogliano. La combinazione di assenza di stazioni di ancoraggio e mancanza di GPS ha portato a molti casi in cui le biciclette venivano abbandonate in luoghi remoti, rendendo improbabile che altri ciclisti le trovassero e le usassero. Si stima che più di tremila di queste bici siano state ritrovate nei fiumi durante operazioni di bonifica.

Altre aziende hanno cercato di stare al passo con i concorrenti producendo modelli sempre più nuovi e tecnologici. Tuttavia, la bolla del bike-sharing è esplosa rapidamente e la maggior parte di queste imprese è fallita, lasciando inutilizzate tutte le biciclette prodotte.

Il risultato? Circa 30 milioni di biciclette rubate, abbandonate o rimaste inutilizzate. Secondo le informazioni disponibili, ci sarebbero circa 20 cimiteri di biciclette in Cina, soprattutto nelle grandi città come Shanghai, Pechino e Shenzhen. Il più grande si trova a Fujian, nel sud-est del paese, e contiene circa 200.000 bici.

Come leggiamo nell’articolo apparso sul canale instagram della BBC, secondo le autorità della città di Hangzhou, rimuovere una bicicletta dalla circolazione costa 9,6 yuan, ovvero circa 1,20 euro.

China Recycling è solo una delle aziende che è arrivata in aiuto del paese, rimuovendo circa quattro milioni di cicli, riutilizzandone i materiali. Ci sono i telai in alluminio o acciaio, le parti elettroniche, le gomme “piene” difficili da smaltire.

Il fotografo Wu Guoyong ha documentato questi cimiteri con foto e video, fornendo la principale testimonianza di questa realtà. In un’intervista, ha dichiarato che il governo preferisce che queste informazioni non siano divulgate. Per questo motivo, i cimiteri del bike-sharing sono nascosti e non si conosce il numero esatto e la loro ubicazione.

Il paradosso dei cimiteri delle biciclette è chiaro: mentre sono un mezzo di trasporto sostenibile e rispettoso dell’ambiente, l’accumulo incontrollato di biciclette abbandonate genera problemi ecologici e di gestione dei rifiuti.

Riciclare le biciclette, inoltre, non è così semplice come sembra. Il processo può richiedere diversi giorni, a seconda delle condizioni della bicicletta e delle risorse disponibili. Questo include lo smontaggio del prodotto, la separazione dei materiali (metallo, plastica, gomma, elementi elettronici come batteria o GPS) e il loro trattamento specifico.

In Italia, il fenomeno non ha raggiunto le proporzioni osservate in Cina, ma ci sono segnali di allarme crescenti, soprattutto nelle grandi città come Milano e Roma, dove il bike-sharing si è diffuso ampiamente. È fondamentale affrontare subito la questione per evitare situazioni di degrado simili a quelle riscontrate in Cina.

Milano ha il sistema di bike-sharing più grande d’Italia: un progetto che dal 2008 è cresciuto fino a contare oggi 22.000 biciclette di diverse tipologie in giro per la città.

Tuttavia, sotto la superficie dei Navigli si nasconde un’amara verità: l’associazione “Angeli del Bello Milano”, composta da volontari che dal 2016 ripuliscono le acque del Naviglio Grande e del Pavese, ha ripescato circa 1.000 biciclette di bike-sharing gettate nei fiumi tra il 2016 e il 2024, generalmente di notte e nel weekend.

In Italia, una volta recuperate, le biciclette ancora funzionanti vengono rimesse in circolazione, mentre quelle danneggiate vengono smontate per il recupero e il riciclo dei materiali.

Da qualche tempo, anche le città cinesi hanno iniziato a seguire strategie simili, adottando linee guida più severe per le aziende di bike-sharing.

Queste misure includono la limitazione del numero di biciclette che possono essere distribuite e l’imposizione di responsabilità per la gestione delle bici abbandonate. Una di queste società cinesi era entrata anche nel mercato italiano e, quando è fallita, il comune di Milano ha recuperato 372 bici abbandonate in soli tre mesi, reintroducendole nel sistema di bike-sharing.

Il fenomeno dei cimiteri delle biciclette in Cina mette in evidenza le sfide e le conseguenze di una rapida espansione tecnologica senza una pianificazione adeguata. Il bike-sharing deve essere gestito come un bene comune, non solo come un prodotto commerciale. Una gestione attenta e responsabile di questo fenomeno è essenziale sia dal punto di vista sociale che ambientale.

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