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Arsenico nell’acqua, sequestrati dodici pozzi nell’area ex Saint Gobain

La Procura della Repubblica di Santa Maria Caua Vetere ha disposto con un decreto d’urgenza il sequestro di dodici pozzi contaminati da arsenico dell’area ex Saint Gobain. In un pozzo valori limite superati di 850 volte

Dodici pozzi utilizzati per uso domestico ed irrigazione dell’area ex Saint Gobain, sono stati sottoposti a sequestro dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere. I pozzi sono risultati contaminati da metalli pesanti, in particolare da arsenico che in un caso ha superato i valori limite previsti dal Testo unico sull’ ambiente, di ben 850 volte.

I carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Casetta e quelli del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale di Caserta nonché della Sezione di Polizia Giudiziaria hanno dato esecuzione al decreto urgente emesso dalla Procura per precludere l’uso dei pozzi. Sul posto sono stati effettuati dei carotaggi insieme all’Arpac. Rinvenuti scarti di produzione industriale Da una prima risultanza delle analisi effettuate, i materiali campionati risultano essere scarto di produzione industriale.
I valori riscontrati sono ritenuti dalla Procura “catastrofici ed incompatibili con qualsiasi origine diversa da quella umana”.

L’area della “Piscina rossa”

L’area interessata dalla presenza dei pozzi si chiama “Piscina rossa”, nome derivato dalla presenza di un invaso nel quale confluivano le acque di processo delle attività industriali dell’ex Opificio Saint Gobain.
I pozzi sono stati individuati nel comune di San Nicola la Strada, dov’era insediata una fabbrica di produzione del vetro nata nel 1958. Il processo per la produzione del vetro prevedeva che la fusione seguisse una fase di “affinamento” e, in ultimo, di “ricottura”, al fine di avere un prodotto privo di impurità e difetti, nonché dotato di buone proprietà di resistenza meccanica. Per quanto attiene all’impiego di reattivi chimici quali coloranti, o affinanti, erano usati reagenti intrinsecamente pericolosi per l’uomo e per l’ambiente tra cui l’arsenico, quale “agente affinante”, altamente cancerogeno, con conseguente emissione e rilascio nell’ambiente di sottoprodotti arsenosi, non biodegradabili.

La storia della Pisani Vetri Saint Gobain

Le attività produttive della fabbrica Pisani Vetri Saint Gobain erano andate avanti fino al 1988, quando poi c’era stata la dismissione totale della fabbrica e il passaggio di tutta l’area alla Progetto Industrie Sri, che nel 1989 presentava la proposta del “Programma di sviluppo, integrazione e ristrutturazione industriale e previsione di occupazione di forze lavorative per l’area Saint Gobain nel Comune di Caserta, cui faceva seguito nel 1990 il “Piano occupazionale per la ristrutturazione e riconversione dell’impianto industriale ubicato nell’area Saint
Gobain Caserta, il quale prevedeva la coesistenza nell’area di attività industriali e terziarie. Tuttavia, con delibera n. 26 del 25 Marzo 1991 il Comune di Caserta approvava la variazione di destinazione urbanistica dell’area di proprietà di Progetto Industrie Sri, che passava da “Area Industriale” a “Zona ad insediamenti produttivi e terziari”, con relativa variante al piano regolatore vigente al tempo, volta a trasformare l’area ex-Saint Gobain da industriale a residenziale con la possibilità di realizzazione due miliardi di metri cubi di costruzioni.
Nel 1996 furono stipulati due diversi accordi di programma fra Regione Campania, Provincia di Caserta, Comune di Caserta, Consorzio Asi e Progetto Industrie Sri, che compirono l’iter di riclassificazione dell’area ex Saint Gobain. L’area in oggetto, pari a circa 415.000 metri quadrati era suddivisa in 180.000 metri quadrati con classificazione D2 “Insediamenti produttivi industriali”, 170.000 metri quadrati con classificazione D3 “Uffici e servizi” e la restante parte con classificazione FI e F6 “Infrastrutture ed impianti di interesse pubblico”. La variazione del Piano regolatore generale e del Piano di sviluppo industriale condussero dunque ad un’area non più vincolata allo sviluppo industriale.

L’area oggetto d’indagine risulta ubicata in corrispondenza di una vecchia cava generata dalla escavazione di materiali di origine tufacea successivamente utilizzata come recapito di scarti di lavorazione delle attività produttive dell’ex stabilimento Saint Gobain. Di questi soprattutto i reflui liquidi davano luogo alla cosiddetta “Piscina rossa”,caratterizzata dalla presenza di acque che per il forte inquinamento da arsenico risultavano di colore rosso. A partire dagli anni “80 la cavità veniva colmata con materiali presumibilmente di risulta provenienti sia dalla ex Saìmt Gobain e sìa da materiali ed. “terreni di sbancamento” e, in particolare, dalle carte topografiche ufficiali si evince che l’ area in passato sia stata oggetto di un’attività di escavazione di materiale vulcanico, meglio conosciuto con il nome di Tufo Grigio Campano, (TGC) prodotto dai centri di emissione del “Distretto Vulcanico Flegreo”.
Già nel 1981 la vasca era completamente Interrata e la livellazione antropica del terreno era ormai tale da occultarla.

Gli enti pubblici conoscevano la pericolosità dell’area

La disastrosa situazione riscontrata comporta la necessità di approfondirne i profili di responsabilità. Dalle indagini in corso è emerso un quadro (allo stato) parziale che, sebbene non consenta di attribuire precise responsabilità in capo a singoli soggetti, in ogni caso evidenzia come la situazione fosse nota dal 2010 ai livelli locali di governo del territorio.
Infatti, dall’attività d’indagine è emerso che nell’anno 2010, il dipartimento dell’Arpac di Caserta aveva condotto accertamenti preliminari sull’area al fine di verificare la presenza di arsenico nelle acque sotterranee prelevate dalla cosiddetta “piscina rossa”, accertando un inquinamento da attribuire al pregresso utilizzo da parte della Saint Gobain, dell’invaso per il recapito finale dei propri scarichi liquidi e scarti di produzione. Tale accertamento seguiva quanto prescritto come risultato di una conferenza dei servizi indetta nel 2010
presso la Direzione per la Qualità della Vita del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Già nel 2010 l’Arpac rilevava una reale e allarmante problematica ambientale, analizzando l’area per il rilascio di attestazione ambientale alla Graftech spa, per l’attività svolta proprio nell’area Saint Gobain. Dal verbale di una conferenza dei servizi del 2011, si evinceva già la pericolosità del sito ed è in quel momento che si riaccende l’attenzione con il Progetto definitivo di bonifica eseguito, ricompreso nel Piano Regionale di Bonifica.

Il sito convenzionalmente denominato “Ex cava in uso Saint Gobain”, veniva inserito dal Centro regionale siti contaminati dell’ Arpac nell’elenco “recante il censimento dei siti potenzialmente contaminati nel Sin “Litorale Domitio Flegreo ed Agro Aversano”, con codice “1078A010”. Ne seguirono comunicazioni tra Regione e Provincia, intanto la cava non era mai stata inserita nel “piano di recupero ambientale del territorio della provincia di Caserta compromesso dall’attività estrattiva delle cave abbandonate, abusive o dismesse”.

“Emerge allo stato come una pluralità di soggetti, tra cui enti pubblici, sapesse e non avesse assunto alcuna utile iniziativa (in primo luogo di monitoraggio della disastrosa situazione ), ferma restando la suddetta necessità di pervenire alla precisa attribuzione di condotte a soggetti individuati e determinati mediante il compimento di attività ulteriori”, ha scritto a Procura.In fase di carotaggio rinvenuta anche la presenza di amianto.

redazione

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