A seguito dell’ennesimo studio che lancia un allarme sull’innalzamento del rischio di una più alta incidenza delle malattie oncologiche in alcune aree della giurisdizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere, il coordinamento provinciale casertano di Libera e il Comitato don Peppe Diana chiedono interventi di prevenzione sanitaria più efficaci.
Lo studio recente sull’impatto che l’inquinamento ambientale e la deprivazione socio-economica hanno sull’incidenza delle malattie oncologiche nella giurisdizione della procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, desta l’ennesimo allarme. Evidenzia infatti, ancora una volta, in alcuni comuni della provincia di Caserta come Marcianise, Mondragone, San Prisco e San Marco Evangelista, un eccesso del rischio di ammalarsi di alcune forme di cancro, in particolare a carico di vescica, polmoni, stomaco e mammella.
“Dinanzi a tali risultati, peraltro già oggetto di studi simili realizzati negli anni scorsi, non possiamo che ribadire l’assoluta necessità di predisporre nuove e più efficaci campagne di prevenzione in ambito sanitario”, commentano il coordinamento provinciale casertano di Libera e il Comitato don Peppe Diana, sottolineando la necessità di “puntare su attività di sensibilizzazione diffuse ed iniziative che vedano da parte delle Asl il coinvolgimento delle associazioni e delle realtà locali, così da intercettare con maggiore successo i cittadini da inserire nei percorsi di screening”.
“Partendo dall’ esito di queste indagini – sostengono le associazioni – bisognerà rilanciare con forza il programma di prevenzione delle malattie oncologiche, ricorrendo a forme di coinvolgimento in grado di assicurare l’accesso anche a chi continua a restare lontano dai servizi previsti dal sistema sanitario”.
Il modello già sperimentato a Casa don Diana, a Casal di Principe, dove gli screening promossi in collaborazione con l’Asl hanno sempre visto una larga partecipazione, testimonia che la costruzione di percorsi condivisi con reti associative inserite nei territori, in grado di ricoprire un ruolo diretto di interfaccia con i cittadini, possa essere un buon metodo per avvicinare più persone ai servizi di prevenzione.
Un primo passo, nell’immediato, ma è evidente che, a quella sanitaria, dovrà essere necessariamente affiancata la prevenzione dei reati ambientali, intervenendo sul sistema dei controlli e sulla corretta gestione del ciclo dei rifiuti.
Per quanto lo studio recentemente presentato dalla Procura di Santa Maria Capua vetere, infatti, rinvii ad ulteriori approfondimenti in determinate aree e non abbia fornito conclusioni sul nesso di causalità tra il rischio sanitario e condizioni ambientali, invece accertato dallo studio pubblicato lo scorso febbraio dall’Istituto superiore di sanità e dalla procura di Napoli nord sul tema dello smaltimento illecito di rifiuti, non si può ignorare quanto accade nella nostra provincia.
Scarichi abusivi e altamente inquinanti lungo i corsi d’acqua, smaltimento illecito di rifiuti urbani e soprattutto speciali e qualità dell’aria tra le peggiori in Italia, compromessa da emissioni fuori controllo di polveri sottili e sostanze altamente cancerogene. Per non parlare delle conseguenze dei roghi, non solo quelli dei rifiuti, ma anche di insediamenti industriali che spesso, come accaduto con l’impianto di torrefazione di San Marco evangelista, finiscono in fiamme. Alla società civile il compito di restare vigili e di esercitare il ruolo di sentinelle dei territori, con proposte di soluzioni che siano motore per le istituzioni chiamate ad agire con determinazione e celermente a difesa dell’ambiente e della salute.
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