Whirpool presenta il suo progetto di raccolta delle plastiche in mare e dagli ambientalisti napoletani arrivano critiche per un atteggiamento ritenuto strumentale ed incoerente rispetto alla scelta di mandare a casa 400 lavoratori.
Alessandra Tommasino
Vincere l’inquinamento da plastica facendo rete fra settore pubblico e privato. Questo è il messaggio che Whirlpool EMEA, assieme a LifeGate, ha lanciato dalla Milano Green Week. Karim Bruneo, senior manager Corporate Affairs di Whirlpool EMEA ha presentato con entusiasmo il dispositivo Seabin, uno dei 13 innovativi “cestini del mare” installati dalla multinazionale americana nelle acque dei porti e dei circoli nautici italiani.
Nella Regione Emea, l’Azienda ha aderito all’invito della Commissione Europea impegnandosi a produrre, entro il 2025, componenti di elettrodomestici realizzati con plastiche riciclate. mentre per quanto riguarda i prodotti giunti a fine vita, ha finora raccolto oltre 280 mila tonnellate di materiali, equivalenti a più di 4,6 milioni di apparecchi riciclati. Tramite APPLiA, l’associazione di categoria europea, Whirlpool EMEA è, inoltre, tra i firmatari della Circular Plastics Alliance, l’alleanza lanciata dalla Commissione Europea per aumentare l’utilizzo di plastica riciclata fino a 10 milioni di tonnellate entro il 2025 a cui aderiscono i principali stakeholder privati e pubblici della filiera della plastica.
Quindi Whirpool oggi può contare sull’apprezzamento degli ambientalisti? Certo che no, anzi i commenti di chi si sta mobilitando contro i cambiamenti climatici, sono più duri che mai nei confronti dell’azienda accusata di annunci e strumentalizzazioni.
“In questi giorni abbiamo letto dell’ultima trovata della Whirpool, che ha aderito al progetto LifeGate PlasticLess (l’installazione di cestini mangiarifiuti in alcuni porti e circoli nautici italiani), in un ulteriore tentativo (assai maldestro) di accreditarsi come “azienda responsabile” nell’ immaginario collettivo dei suoi potenziali clienti”, scrive il movimento Fridays for future Napoli, aggiungendo: ” La cosa ci fa sorridere, o meglio, dopo le vicende degli ultimi mesi che farebbero sfigurare anche il più sfacciato degli speculatori, ci fa parecchio incazzare!”.
“Cosa c’entra questo improbabile “spirito green” della Whirpool con il licenziamento malcelato di 400 lavoratori?”, si chiedono gli attivisti che accusano la multinazionale di “volersi lavare la faccia con operazioni di “green-washing” che (seppur, forse, di una minima, simbolica utilità) risultano decisamente limitate se nel frattempo non si impegna nel ridurre in modo sostanziale l’impatto dei propri prodotti sull’ambiente (limitandosi ad annunciare un generico e vago impegno ad utilizzare plastica riciclata nei prossimi anni)”.
Ma cosa si aspetterebbero gli ambientalisti? “Ben di più: per esempio, investimenti in ricerca e innovazione per ridurre a monte l’impatto dei propri prodotti sull’ambiente, ad esempio, realizzando prodotti da non dover buttare dopo pochi anni, riparabili facilmente e progettati in modo da poter riutilizzare o riciclare totalmente componenti e materiali una volta concluso il ciclo di vita”.
“Lo sfruttamento della natura e quello di lavoratrici e lavoratori – scrivono gli ambientalisti – sono le due facce della stessa medaglia: la necessità di produrre per macinare profitti porta a maggiori emissioni inquinanti, aumento dei rifiuti e dei costi di smaltimento, così come a dismissioni e delocalizzazioni una volta spolpato l’osso dei finanziamenti pubblici”.
“La crisi climatica e quella sociale non sono due crisi separate – conclude il movimento napoletano – ma rappresentano un’unica grande emergenza a cui di certo non saranno i privati in cerca di profitti a voler dare una risposta”.
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