di Tina Cioffo- Allevamenti bufalini e vaccini. Antonio Limone, direttore generale dell’Istituto zooprofilattico del Mezzogiorno parla di possibile ripercussione negativa sul marchio Dop per la perdita della qualifica Ufficialmente Indenne.
“La vaccinazione salverebbe i capi bufalini ma limiterebbe il mercato di esportazione perché verrebbe a mancare la qualifica di Ufficialmente indenne. E’ questo che ci hanno detto e ci hanno anche detto che le vaccinazioni saranno poi obbligatorie nel 2021, quindi per questi due anni non ho intenzione di far entrare altri sul mercato che aspettano una qualche difficoltà della nostra Dop per approfittarne. E piuttosto che perdere tutto mi tengo quel poco”. A parlare è un allevatore di Casal di Principe che non nascondendo il timore di perdere tutto ha aggiunto “mettiamoci una pietra sopra a questa storia dei vaccini e facciamo come ci dicono di fare”. Il punto sui mancati vaccini e alle posizioni che anche alcuni allevatori e associazioni di categoria hanno preso contro le profilassi, è attorno a questa frase.
Per dirimere la questione che gira attorno agli abbattimenti dei capi bufalini che dal 2014 non vengono vaccinati, è intervenuto il direttore dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno, Antonio Limone. “Noi -ha detto Limone- non ci dividiamo tra chi vuole abbattere e chi vuole vaccinare, noi ragioniamo nell’unico interesse che è quello di tutelare la salute umana e salvaguardare il comparto bufalino e la sua pregiata produzione, che ha riflessi molto significativi sull’economia del nostro territorio”. E anche per Limone, il vaccino “che durante le due campagne previste dalle DGR n.1788/2003 e DGR 2038/2007 si è rilevato inefficace”, potrebbe avere delle conseguenze sul mercato. “E’ opportuno – afferma Limone- valutare la possibile ripercussione negativa sulla filiera della DOP e della non DOP, ascrivibile alla perdita della qualifica di Ufficialmente Indenne, da parte del territorio campano o parte di esso. Come pure non si deve escludere che i Paesi importatori, Paesi membri e non, possano agire “con preconcetti”, evitando l’importazione di prodotti provenienti da territori che facciano uso del vaccino RB51, determinando un deprezzamento del latte e dei prodotti derivati, nel caso in cui si dovesse prevedere la vaccinazione anche negli animali adulti”. Ma come è possibile? All’utente finale, che il prodotto sia Ufficialmente Indenne non interessa e neppure se lo chiede, ma intanto produttori e rivenditori sono costretti a sottostare ai preconcetti.
Sembra paradossale. “Inoltre, l’applicazione della vaccinazione -continua il direttore dell’Istituto zooprofilattico- richiederebbe la pastorizzazione del latte per molto tempo, ben oltre gli anni di utilizzo del vaccino stesso”. E’ una questione di costi e benefici. La pastorizzazione potrebbe indurre un deprezzamento del prodotto. Il Dop della mozzarella campana, è il più importante marchio del centro-sud Italia, il quarto a livello nazionale per produzione ed il terzo tra i formaggi Dop italiani. In questo momento il prezzo del latte di bufala, salito a causa degli abbattimenti, è di due euro circa e stabilito che per un chilo di mozzarella sono necessari almeno 4 litri di mozzarella a cui poi deve aggiungersi manodopera e altri costi di lavorazione, è chiaro che la mozzarella deve necessariamente avere un costo congruo.
Sulla vaccinazione, giusta o sbagliata, c’è ancora tanta confusione e probabilmente della coltre di ombre ci sono allevatori e produttori che hanno deciso di approfittarsene per fare cordata e dettare le leggi del mercato oltre che del latte. Per Limone non “non si può escludere la vaccinazione come rimedio per l’eradicazione nella misura in cui la prevalenza e l’incidenza della malattia dovessero aumentare, soprattutto in quei comuni dove persiste maggiormente il problema”. Dunque, il vaccino serve per eradicare la malattia ma lo si può usare solo se la brucellosi si diffonde in numero allarmante, “prima – secondo Limone- sarebbero utili ed efficaci tutta una serie di indicazioni e prescrizioni, come ad esempio isolare l’animale infetto ed evitare che possa contagiare anche altri capi bufalini”. Gli allevamenti sono per la maggior parte sovraffollati e poco o nulla vengono rispettati i criteri di ‘ tot spazio per tot capi bufalini’. Secondo i dati del Consorzio di Tutela della mozzarella di bufala campana Dop “nel 2018 sono stati prodotti quasi 50 milioni di chili di mozzarella. L’export è stato il 32,71%, principalmente in Germania, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Spagna e Paesi Bassi”. Ma anche Austria.
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