Ad Aldo Policastro, Procuratore di Benevento, originario di San Cipriano D’Aversa è andato il Premio nazionale don Peppe Diana. Il prete lo aveva conosciuto da ragazzi ed un anno prima del suo omicidio.
“Eravamo coetanei e della stessa terra, cugino di un mio compagno di liceo, ma non ci eravamo mai conosciuti personalmente, un amico comune lo accompagnò a casa mia, dopo il primo documento, ci fermammo a parlare all’ombra di un grosso ciliegio, una intesa immediata, tanta tristezza per quello che accadeva nel nostro territorio, tanti progetti di riscatto, tanta energia che la sua persona sprigionava, per entrambi una consapevolezza che un cambiamento era possibile e passava dall’impegno di tante realtà diverse, le istituzioni “buone”, la chiesa, i giovani, le associazioni”. E’ così che Aldo Policastro, Procuratore di Benevento, ricorda don Giuseppe Diana, il prete di Casal di Principe ammazzato dalla camorra il 19 marzo del 1994 a Casal di Principe. Oggi, nella giornata della Liberazione di Italia, a Policastro è stato assegnato il Premio nazionale don Peppe Diana ed è come se i due giovani di ieri si fossero re-incontrati. Policastro, originario di San Cipriano D’Aversa in provincia di Caserta, nato e cresciuto in una stradina poco lontana dal centro del paese, con don Peppe condivise un intenso periodo di battaglie sociali. Si conobbero un anno prima del suo omicidio, a Napoli dove don Diana aveva tenuto una lezione sulla legalità nell’ambito della “scuola del cittadino” a cui Policastro insieme ad altri aveva dato vita.
Le battaglie sociali e l’impegno in magistratura
“Una lezione incisiva, di quelle che rimangono impresse nella mente” così scriveva di quella lezione di Don Peppino il Corriere del Mezzogiorno che raccontava del suo omicidio. Ed era stata veramente incisiva e coinvolgente. Ancora una volta lo rivedo, tanta passione, grande speranza, forte simpatia e una energia travolgente anche in un contesto, quello napoletano, un po’ diverso da quello casalese”, dice il Procuratore. Il loro rapporto è durato fino a quel tragico 19 marzo del ’94. Policastro nei lunghi anni successivi si è dedicato alle indagini sulla criminalità organizzata partenopea, alle inchieste ambientali e a scoprire gli accordi politico mafiosi. Chi lo conosceva da ragazzo ci avrebbe giurato. Amava studiare ed era molto schivo e riservato, esattamente come adesso. “Poco incline alle manifestazioni eclatanti ma aderente ai fatti, squarcia il tessuto delle tacite complicità politico mafiose. Schivo ma disponibile, specie con i giovani suggerisce l’indignazione come strumento civico di rottura ed il dialogo come leva di cambiamento”, scrivono i promotori del Premio don Diana nella motivazione di assegnazione del riconoscimento ed in effetti ne sembra un ritratto su tela. Policastro ha appreso la notizia del Premio, voluto dal Comitato don Peppe Diana, da Libera e dalla famiglia del sacerdote tutti unanimemente d’accordo, con commozione. “E’ un onore riceverlo e spero di onorarlo sempre”, ha semplicemente commentato. Il Premio don Diana è stato assegnato anche Carlo Borgomeo presidente della Fondazione con il Sud, ad Alberto e Piero Angela. In emergenza Covid-10, premio speciale anche per il team di ricerca del dottor Paolo Ascierto. Tina Cioffo