Attenzione al canone d’affitto concordato: se non hai scelto il tipo di contratto giusto puoi ritrovarti intrappolato per anni.
Sono sempre più frequenti, specialmente nelle grandi città densamente abitate, i canoni d’affitto concordati. Ma convengono veramente? Non sempre: bisogna scegliere molto attentamente il tipo di contratto o si rischia di rimanere intrappolati per anni.
In un periodo in cui i prezzi delle case hanno raggiunto livelli allarmanti e le banche erogano sempre meno mutui, sono aumentate le richieste di case in affitto. In città densamente popolate e in cui ogni anno arrivano milioni di studenti da fuori – pensiamo a luoghi come Milano o Roma – si è venuta a creare una sorta di “emergenza” abitativa.
Non solo: essendoci più domanda che offerta, naturalmente, in base alle leggi di mercato, i prezzi dei canoni degli affitti sono aumentati. Ecco che molti, allora, optano per il canone concordato. A differenza del canone libero che prevede una durata di 4+4, il canone concordato è più breve: la formula è quella del 3+2.
Canone concordato: ecco quando non conviene
Dopo questo periodo le parti possono decidere di disdire il contratto, dando un preavviso di almeno sei mesi, oppure si può stipulare un altro contratto. Le diverse tipologie di contratto a cui è possibile applicare il canone concordato sono:
- contratto 3+2;
- contratti di affitto per studenti che possono durare da 6 a 36 mesi;
- contratti da 1 a 18 mesi per affitti brevi.
Molti pensano che il canone concordato sia sempre più vantaggioso rispetto al canone libero, ma non ciò non sempre è vero. Bisogna fare molta attenzione al tipo di contratto o questo tipo di canone può diventare una vera gabbia da cui poi è quasi impossibile uscire.
Il canone di affitto concordato ha una particolarità: l’importo viene stabilito in base ad accordi territoriali. In pratica. il prezzo che dovremo pagare tutti i mesi non viene stabilito da un singolo proprietario, ma da organizzazioni della proprietà edilizia e organizzazioni dei conduttori rappresentative.
Indubbiamente, questo tipo di canone ha dei vantaggi tanto per il proprietario di casa quanto per l’inquilino. Ad esempio il proprietario dell’immobile può scegliere la tassazione tramite cedolare secca del 10%, con il vantaggio di sostituire il pagamento di imposta di bollo, di registro, addizionali e relative IRPEF. Inoltre pagherà IMU e TARI più basse.
L’inquilino, dal canto suo, beneficerà della detrazione fiscale pari a 495,80€ per redditi inferiori a 15.493,71€ e di 247,90€ per redditi inferiori a 30.987,41€. Allora perché non scegliere questa tipologia di canone? Per una ragione molto semplice: conviene solo a studenti o per affitti brevi, non a lavoratori autonomi con partita Iva forfettaria o a persone che vogliono affittare solo per un periodo di tempo limitato, per poi comprare.
I lavoratori autonomi con partita Iva forfettaria non potranno portare in detrazione le spese sostenute per l’affitto. E, chi volesse acquistare casa, resterà ingabbiato in un contratto per almeno 5 anni che, senza disdetta con almeno 6 mesi di anticipo, si rinnoverà in automatico per altri 2.