Morgan Spurlock, il documentarista che ha rivoluzionato il mondo dei film di denuncia sociale con il suo celebre “Super Size Me” è morto a 53 anni
Il regista statunitense Morgan Spurlock, morto giovedì a 53 anni per complicazioni legate a un tumore, è ricordato soprattutto per il suo documentario d’esordio “Super Size Me”.
Uscito nel 2004, il film ottenne un notevole successo, aumentando la consapevolezza sull’alimentazione nei fast-food e alimentando alcuni pregiudizi sulle abitudini alimentari statunitensi.
Per realizzarlo, Spurlock mangiò solo cibo della catena McDonald’s per un mese, con l’obiettivo di mostrare gli effetti dannosi di una dieta basata esclusivamente sui fast-food.
Addio a Morgan Spurlock, il padre del film “Super Size Me”
Super Size Me è probabilmente il più famoso documentario sul junk food mai realizzato: fu presentato in anteprima al Sundance Film Festival del 2004, dove Spurlock vinse il premio per la miglior regia, e nel 2005 ottenne una candidatura all’Oscar per il miglior documentario.
Per realizzare “Super Size Me”, Spurlock si ispirò a un noto caso giudiziario: quello di Jazlyn Bradley e Ashley Pelman, due donne statunitensi che nel 2002 fecero causa a McDonald’s e altre catene di fast food.
Le donne accusarono queste aziende di essere responsabili della loro obesità, sostenendo che non avevano fornito adeguate informazioni sui rischi per la salute associati ai loro prodotti.
McDonald’s si difese sostenendo che non esistessero prove che dimostrassero una relazione tra il consumo dei loro prodotti e l’aumento dei casi di obesità negli Stati Uniti.
Spurlock decise quindi di sottoporsi a un esperimento personale: per un mese mangiò solo da McDonald’s.
Stabilì alcune regole, come l’obbligo di consumare tre pasti al giorno (colazione, pranzo e cena), di scegliere un menù “Super Size” ogni volta che gli veniva proposto e di fare al massimo 5.000 passi al giorno, in linea con la media degli statunitensi dell’epoca.
Durante l’esperimento, Spurlock fu seguito da un gruppo di nutrizionisti, da un cardiologo e da un personal trainer e dichiarò in seguito che, durante il periodo di prova, assunse una media di 5mila calorie giornaliere, circa il doppio del fabbisogno di un uomo adulto, e che a causa della sua alimentazione ebbe sintomi come sbalzi d’umore e disfunzioni erettili.
Alla fine dell’esperimento salì sulla bilancia e mostrò di essere ingrassato di circa 11 chili rispetto al proprio peso iniziale (84 chili), con un aumento della massa grassa del 13 per cento.
Il documentario ebbe un grande successo, incassò più di 11 milioni di dollari e fu accolto molto favorevolmente dal pubblico. Tuttavia alcuni addetti ai lavori criticarono fin da subito Super Size Me, considerandolo un film enfatico, strumentale e privo di basi scientifiche.
Nel 2009 uscì il documentario Fat Head, diretto dal giornalista Tom Naughton e dove si cercò di smontare l’esperimento di Super Size Me.
Naughton sottolinea, ad esempio, come Spurlock non avesse mai mostrato un diario con un calcolo attendibile delle calorie assunte durante l’esperimento.
Naughton tentò di ottenere da Spurlock documenti che attestassero quante calorie avesse effettivamente consumato in quei giorni, ma non ricevette risposta.
Altri critici, come Robert Davis su “Paste”, reputarono il documentario di Spurlock poco utile e sostennero che avrebbe potuto offrire chiavi di lettura più interessanti.
Ad esempio, avrebbe potuto approfondire l’argomento dei menù delle mense scolastiche americane, che spesso offrono pasti poco bilanciati e salutari. Oppure, come ha scritto Davis, Spurlock avrebbe potuto declinare l’esperimento in maniera diversa, scegliendo solo gli alimenti teoricamente più salutari del McDonald’s, come insalate scondite e yogurt.
Questo avrebbe potuto dimostrare se fosse possibile seguire una dieta bilanciata anche mangiando ogni giorno in una catena di fast food.