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Abbattimenti bufalini per brucellosi e tubercolosi, perché non si vaccina

di Tina Cioffo- Brucellosi e tubercolosi, cosa succede nel comparto bufalino campano e cosa ne consegue per la produzione della mozzarella, definita l’oro bianco?

C’è agitazione tra gli allevatori che temono una nuova ondata di abbattimento dei capi. La questione si arrovella attorno ai mancati vaccini che, secondo alcuni, potrebbero mettere al riparo la filiera. Nel 2007 il focolaio della brucellosi creò un grosso allarme, cominciarono gli abbattimenti su circa 256 mila capi di bestiame. Alcune aziende bufaline ne uscirono piegate e altre dovettero dichiarare fallimento. Alle aziende venne chiesto di vaccinare gli animali e i casi di brucellosi diminuirono. Poi però qualcosa è cambiato. I dati, per la provincia di Caserta, parlano di 13mila capi bufalini abbattuti nel 2018 e di 10mila capi di bestiame nei primi sei mesi del 2019. Secondo la Giunta regionale della Campania per la sola brucellosi le cifre riferiscono 7.415 capi bufalini abbattuti nel 2018 e 3.889 nel primo semestre del 2019. Eppure, il “Piano straordinario per il controllo delle malattie infettive della bufala mediterranea per la Regione Campania”, varato con la Delibera di Giunta regionale n. 207 del maggio 2019, non prevede alcuna campagna di vaccinazione.

Ma perché? C’è davvero un rischio per gli allevamenti e ovviamente con essi, per tutto il comparto della filiera zootecnica bufalina? La mozzarella di bufala campana DOP è prodotta per l’80% in regione Campania e di questo 80 per cento il 60% in provincia di Caserta. Secondo Carlo Ferrara medico veterinario, intervenuto nel corso della V Commissione regionale permanente Sanità e Sicurezza sociale del 9 luglio 2019, su delega del direttore del dipartimento di prevenzione dell’A.S.L. di Caserta: “Senza dubbio la brucellosi e la tubercolosi, in particolare la tubercolosi, ha avuto un aumento dell’incidenza della prevalenza, siamo passati dall’1,24 % nel 2012 al 7,30% al 31 dicembre 2018”. Quindi secondo la stima di Ferrara “su un totale di 736 aziende il 7 per cento di brucellosi e l’8 di tubercolosi. Con il numero di 5924 capi macellati nel 2018 per quanto riguarda la TBC, mentre per la brucellosi la cifra ferma al 2018 è di 7415”.

Sindaco di Casal di Principe: “Ma allora perché non vaccinare?”

L’interrogativo lo ha posto il sindaco di Casal di Principe, Renato Natale. “Io faccio il medico di famiglia, non faccio il veterinario, ma come medico di famiglia noi consigliamo la vaccinazione come strumento fondamentale per combattere e sradicare alcuni tipi di patologie. E’ per questo motivo che non riesco a capire per quale motivo non si dia attuazione ad un sistema di vaccinazione che tenta di costruire almeno per le future attività di produzione del latte, soggetti sani”. Gli allevatori casalesi rappresentano circa il 40% del patrimonio bufalino, a Cancello, a Castel Volturno, a Grazzanise. Gli abbattimenti non sono una questione da salotto. “A rischio c’è la produzione, l’economia ed un intero comparto occupato. Si possono trovare soluzioni – suggerisce Natale- fermo restando che gli animali ammalati vanno abbattuti ma soluzioni anche che evitino una diffusione troppo accelerata, cioè dando provvigioni agli allevatori per fare in modo da mettere in atto tutta una serie di azioni pratiche che evitino la trasmissione”.

La vaccinazione sospesa da Ministero della Salute, CNR istituto Zooprofilattico di Teramo e Commissione Europea.

Il ricorso alla vaccinazione come metodo di eradicazione della brucellosi è stato utilizzato fino all’anno 2013. Secondo il Consiglio regionale della Campania, presieduto dalla presidente Rosa D’Amelio, che il 26 luglio ha risposto ad un question time sul tema, i motivi devono rintracciarsi in almeno tre ragioni di fondo. La prima è “la scarsa adesione al piano vaccinale registrata in provincia di Caserta (solo 60 aziende bufaline sul totale di 867)”. La seconda è stato “l’utilizzo fraudolento del vaccino evidenziato dal Corpo Forestale dello Stato con deferimento all’autorità Giudiziaria (vaccini di importazione clandestina e trattamento dei capi superiori a quella prevista)”. Infine, “il superamento della fase critica grazie all’abbattimento dei capi risultati infetti, ha determinato, d’intesa con il Ministero della Salute, il Centro di Riferimento Nazionale per le Brucellosi (CNR istituto Zooprofilattico di Teramo) e la Commissione Europea, la sospensione della vaccinazione”. L’allarme lanciato, stando a quanto dichiarato dal presidente della giunta regionale non è allora giustificato.In provincia di Caserta nel periodo dal 2012 al 2019, pur a fronte di un diminuito numero di aziende (da 872 a 735), il numero di capi vivi al 31 marzo 2019 è pari a 192.426 con un incremento di 8.108 capi rispetto al dato registrato al 31 dicembre 2012”.

La faccenda non riguarda solo il latte

Per Mario Schiavone, agronomo, funzionario giunta regionale, nonché Consigliere delegato all’agricoltura per Casal di Principe, “c’è un regolamento che non è stato applicato, che è il 429, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 31 marzo del 2016. Ad oggi non ce ne sono tracce, tanto è vero che la delibera che è stata fatta successivamente dalla Regione, nel novembre 2018, parlava del regolamento 702, che riguarda esclusivamente le calamità naturali. Uno dei commi di questo regolamento prevede che la carcassa dell’animale abbattuto, o per brucella o per tubercolosi dovrebbe essere distrutta. Ma questo non avviene”. Trattandosi di un regolamento non abrogato è possibile che qualcuno o qualcosa stia determinando una frode. Sul punto vanno sicuramente pretesi dei chiarimenti. “Non capiamo le ragioni di questa situazione. Sappiamo solo che – spiega Schiavone, intervenuto nel corso della Commissione regionale guidata da Stefano Graziano- del grande interesse da parte di Cremonini, il re delle carni, che è uno che viene qua sistematicamente dagli anni ’70. Il regolamento che è il 429 aprirebbe le porte allo stanziamento di fondi per le vaccinazioni. Quando nel 2014 fu fatta la delibera regionale che di fatto vietava i vaccini, furono affidati 50 milioni di euro per la biosicurezza. Che fine hanno fatto quei fondi?”.

Al tavolo di concertazione del 24 luglio, il comune di Casal di Principe non è stato invitato a partecipare, nonostante abbia sottolineato punti importanti e presentato dei ricorsi al Tar. Al momento manca anche l’invito alla discussione che si terrà il 1 agosto presso il Ministero della Salute, alle ore 11.

redazione

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