Abbattimenti a Casal di Principe, demolizione in via Ancona tra urla e disperazione

Via Ancona a Casal di Principe, la ruspa per demolire due delle case abusive è arrivata secondo i piani. I familiari hanno tentato di opporsi ma poi si sono rassegnati. La zona è stata presidiata da numerose forze dell’ordine, pochissimi invece i manifestanti a sostegno della protesta.

di Tina Cioffo

“Prendetevi un po’ di caffè, anche voi come noi avete fatto la notte. Solo che voi avete lavorato e noi abbiamo difeso ancora per poco la nostra casa”. E’ cominciata così la giornata in via Ancona a Casal di Principe, prima dell’arrivo delle ruspe. Ad offrire la tazzina di caffè ad un carabiniere che era stato tutta la notte insieme ai colleghi a presidiare la zona, è stata la zia dei fratelli Stabile, destinatari del provvedimento di abbattimento. “Non scenderemo non ce ne andremo”, hanno gridato a lungo i familiari degli Stabile dal terrazzino di uno dei due appartamenti. Avrebbero voluto trovare una soluzione anche in extremis ma l’ordine della Procura di Santa Maria Capua Vetere era partito da giorni e nulla avrebbe potuto cambiare l’esecutività dell’abbattimento. La tensione è salita quando la ruspa ha avanzato verso la casa. Le urla dei familiari sono passate dalla disperazione al dolore, così come accade dinanzi ad un lutto tragico.

I genitori dei due fratelli che fino a ieri hanno abitato in quelle due case abusive, hanno fatto di tutto per evitare che il braccio meccanico facesse piegare le mura di cemento. L’ultimo a scendere dal primo piano della palazzina, è stato il padre degli Stabile convinto dal figlio Fabio che vive ancora con loro. “Non abbiamo un posto dove andare a dormire, i bambini la scorsa notte hanno trovato ricovero a casa di una zia ma già stasera non so dove andremo”, hanno detto le mamme dei piccoli. Una di loro andrà forse in un alloggio popolare dell’Iacp che è stato abitato, fino al 2020, dai genitori morti per covid. La sua però è di fatti un’occupazione perché non ha alcun diritto di prelazione. Potrebbe essere cacciata da un momento all’altro anche da lì. La seconda famiglia è in contatto don Franco Picone, parroco della parrocchia San Nicola di Bari a Casal di Principe, per tentar di pervenire quanto prima ad una soluzione che possa far tornare quel minimo di serenità. Le case demolite non sono le uniche, nel quartiere, ad essere abusive. Altre abitazioni sono infatti fuori legge e molte delle quali sono ancora in costruzione.

Le operazioni di abbattimento continueranno anche per tutta la giornata di domani mentre si allenterà la presenza delle forze dell’ordine, intervenuti in gran numero stamattina con mezzi della Polizia, dei Carabinieri, Vigili del Fuoco. Sul posto anche un’ambulanza, i cui medici ed infermieri sono intervenuti in un paio di occasioni per prestare soccorso ad alcuni familiari. Pochissimi invece i manifestanti a sostegno della protesta. Il sindaco Renato Natale che nella giornata di ieri aveva presentato le sue dimissioni per ribadire la necessità di una proroga di 100 giorni, utili ad adattare un bene confiscato a Giuseppe Setola in via Baracca ad uso abitativo, ha seguito le varie notizie dagli uffici della casa comunale. Se non le ritirerà, le dimissioni saranno irrevocabili tra 20 giorni. La Procura di Santa Maria Capua Vetere guidata dalla procuratrice Maria Antonietta Trocone, ha dichiarato che “L’attività di demolizione, come in genere l’attività di repressione/prevenzione, in realtà, sensibilizza le comunità a un uso del territorio appropriato e rispettoso. Le demolizioni trasmettono il segnale inequivocabile che l’abusivismo viene combattuto fino in fondo e che, soprattutto, non è conveniente”. “Peraltro, la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, nell’individuazione dei manufatti abusivi da abbattere – ha aggiunto Troncone – utilizza dei criteri di priorità, di natura oggettiva e predeterminata, che non rispettano il solo ordine cronologico, ma che tengono conto soprattutto della pericolosità statica che strutturalmente presentano detti manufatti soprattutto al fine di salvaguardare l’incolumità pubblica delle persone”.

L’abbattimento senza l’ulteriore proroga per assicurare un alloggio sicuro, è stato però percepito come una scelta incomprensibile che rischia di generare forti sentimenti sfiducia in un popolo già a lungo martoriato e che ora volente o nolente si sente tradito da tutti.

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