Costi insostenibili, molti bar non riapriranno

Molti bar lunedì non riapriranno: i costi per le misure di sanificazione non potranno mai essere coperti dalla consegna a domicilio, soprattutto nei piccoli comuni dove non ci sono uffici.

Molti bar non riapriranno, l’asporto non funziona

Se è vero che l’Italia è il Paese del “mezzo mezzo”, come lo definisce il presidente De Luca, stavolta tocca a lui firmare un provvedimento che definire tale sarebbe un complimento: più che “mezzo mezzo”, è “niente niente”. Dopo due mesi, De Luca autorizza in Campania ciò che è concesso in tutto il pianeta, persino in Lombardia: riaprire bar, ristoranti e pasticcerie solo per le consegne a domicilio, ma con orari da caserma: i bar dalle 7 alle 14, le pizzerie dalle 16 alle 22, tanto che alcune associazioni hanno minacciato di non riaprire le loro attività e di consegnare le chiavi di bar e ristoranti, ritrovandosi lunedì pomeriggio a Santa Lucia, davanti la sede della Giunta regionale, mantenendo ovviamente la distanza di sicurezza. Se questo provvedimento appare inefficace per ristoranti e bar di città come Napoli, Salerno, Aversa, Caserta, che hanno volumi di affari molto significativi, quali vantaggi potrebbe mai portare ad un’attività di paese con poche migliaia di abitanti, che poi sono la maggior parte nel territorio regionale?

Carmine: “Già sarà difficile aprire il 4 maggio, figuriamoci se possiamo riaprire adesso solo con l’asporto”

Un caso tipico è quello di Carmine, che gestisce con sua moglie un bar al centro di un piccolo comune del Casertano di circa 3000 abitanti: il suo locale misura 150 metri. Alla notizia della prossima riapertura, Carmine inizia a farsi due conti, ma capisce immediatamente che questi conti non tornano, nonostante lavori con i suoi familiari e non avrebbe bisogno di assumere un fattorino, perché si occuperebbe lui stesso delle consegne a domicilio. “Per la sanificazione dei locali, che va fatta ogni due giorni, si parla di 1 euro più Iva al metro quadro- racconta- quindi per me si tratterebbe di spendere almeno 150 euro ogni volta, oltre a 100 euro di prodotti sanificanti più o meno ogni dieci giorni. A questo, bisogna aggiungere il costo del certificato medico, poi circa 120 euro per il dispenser a colonnina, 20 euro per la sanificazione del veicolo con il quale fare le consegne a domicilio, 90 euro per un pacco di mascherine, 70 euro per il termometro, altre centinaia di euro per camici monouso e sovrascarpe”. Tutte queste spese, che si aggiungono a quelle ordinarie ricadono interamente sul titolare dell’attività, senza nessun contributo statale o regionale. “Non ci vuole molto a capire- commenta- che, in realtà come le nostre, è già difficile immaginare che riapriremo tutti dopo il 4 maggio, figuriamoci se possiamo pensare di riaprire adesso, dalle 7 alle 14 e solo per l’asporto. Ma poi, per portare il caffè a chi, se qui uffici non ce ne sono e negozi e studi professionali sono quasi tutti chiusi?”.
Anche per Luigi, che il bar ce l’ha in un comune dell’agro aversano, la situazione non cambia. Costi troppo alti per una riapertura totalmente monca. “Quanto lo dovrei far pagare un caffè?”, si chiede. “Mi piacerebbe tanto ritornare nel mio bar, ma a queste condizioni è davvero impossibile!”.

Un provvedimento che non dà nessuna boccata di ossigeno

Effettivamente, dopo due mesi di stop, che significano entrate mancate e spese pressoché invariate, questo provvedimento appare insufficiente a dare una boccata di ossigeno a chi ha davanti ancora molti mesi in salita. Non riaprire resta quindi l’unica opzione possibile, anche se questo probabilmente significherà dover attendere almeno fino a metà maggio, visto che le prime misure di allentamento del lockdown non riguarderanno ristoranti e bar. A meno che, De Luca non si faccia un bagno di realtà e capisca che i cavalli di Frisia sono buoni a fare un figurone a Porta a Porta, ma non certo a dare un aiuto concreto a chi è ridotto alla fame
Alessandra Cappabianca
ale.cappabianca@gmail.com
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