Presentato un disegno di legge che cercherà di limitare il fenomeno delle baby influencer. Ecco tutto quello che c’è da sapere a riguardo
Nella Commissione Ambiente del Senato, mercoledì, è stato depositato un disegno di legge bipartisan per regolamentare l’uso dei social network tra i giovani, innalzando l’età minima da 14 a 15 anni e disciplinando l’attività dei “baby influencer”. Presentata il 13 maggio da Lavinia Menunni di FdI al Senato e da Marianna Madia del PD alla Camera, la proposta è stata illustrata durante una conferenza stampa. Da allora, ha ottenuto un ampio sostegno trasversale, con firme provenienti da diverse aree politiche: al Senato, fra i firmatari, figurano Simona Malpezzi del PD, Graziano Delrio dei Democratici, Andrea Paganella, Maria Cristina Cantù e Stefania Pucciarelli della Lega, Stefania Craxi e Claudio Fazzone di Forza Italia, e Julia Unterberger del gruppo delle Autonomie; alla Camera, tra i sostenitori, si contano Michela De Biase e Mauro Berruto del PD, Simonetta Matone della Lega, Devi Doris di Avs, Grazia Di Maggio e Imma Vietri di FdI. Ma vediamo tutto quello che c’è da sapere a proposito.
Legge per limitare i baby influencer: ecco di cosa si tratta
“Non si tratta – chiarisce la senatrice Menunni – di un’azione oscurantista, ma semplicemente della necessità di proteggere i giovani, i quali dovrebbero prima consolidare la propria formazione prima di accedere al mondo online“. Bambini e adolescenti avranno accesso a Internet e ai social network solo se supervisionati dai genitori o durante l’orario scolastico. L’articolo 2 del progetto di legge precisa che “i provider di servizi online che operano in Italia devono verificare l’età degli utenti“.
L’Autorità garante nelle comunicazioni definirà, “entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge, con un apposito decreto, le modalità tecniche e procedurali per verificare l’età degli utenti, previo consulto con il Garante per la protezione dei dati personali“. Si sta considerando se utilizzare la verifica dei documenti o introdurre una sim specifica come strumento di verifica. “I contratti conclusi con i provider di servizi online da parte di minori di quindici anni sono nulli e non possono costituire una base legale per il trattamento dei dati personali”, viene precisato.
Sono previste eccezioni nel caso in cui i contratti con i provider di servizi online stipulati da minori di quindici anni siano stati sottoscritti per conto del minore da chi ne ha la responsabilità genitoriale o è suo tutore. “La pubblicazione non occasionale dell’immagine di minori di quindici anni su una piattaforma online richiede l’autorizzazione da parte di chi esercita la responsabilità genitoriale o è tutore del minore, nonché dall’ufficio provinciale del lavoro, quando la pubblicazione dei contenuti generati con l’immagine del minore genera o mira a generare entrate dirette o indirette superiori a 10.000 euro all’anno“. “L’ufficio provinciale del lavoro stabilisce – si specifica ancora – i tempi e la durata massima di impiego del minore per la creazione dei contenuti; le misure preventive da adottare da parte dei genitori per ridurre i rischi, specialmente quelli psicologici, legati alla pubblicazione dei contenuti; le disposizioni necessarie per garantire una regolare partecipazione scolastica e la frequenza obbligatoria del minore“. Inoltre, “quando le entrate dirette e indirette derivanti dalla pubblicazione dei contenuti di cui al paragrafo 1 superano i 10.000 euro all’anno, le entrate ricevute dalla data di superamento di tale soglia vengono depositate su un conto bancario intestato al minore protagonista dei contenuti e non possono essere utilizzate in nessun caso da chi ha la responsabilità genitoriale sul minore“, si precisa. “Il nostro obiettivo è solo di contribuire“, aggiunge Menunni.
A breve inizierà un’indagine conoscitiva sui potenziali impatti dei social media sui giovani. “La pandemia ha spinto un vasto segmento della popolazione italiana nell’era digitale a un ritmo straordinario“, si afferma nell’introduzione della proposta di legge presentata sia alla Camera che al Senato. “È importante riconoscere che, così come per molte attività nel mondo reale come ottenere la patente di guida o entrare nel mondo del lavoro, anche nell’ambito digitale è necessario stabilire un’età minima per l’accesso a determinati servizi, e i fornitori devono essere responsabili della verifica affidabile dell’età dei loro utenti“, si sottolinea. L’obiettivo è quindi quello di rispondere in modo tempestivo ed efficace al rapido avanzare della tecnologia e ai nuovi rischi che ne derivano, proteggendo la dignità dei bambini e degli adolescenti nel mondo digitale.