Dall’indagine coordinata dalla Dda di Venezia, è emersa la capillare infiltrazione della camorra nelle attività imprenditoriali del Nord Est e anche nelle dinamiche elettorali come dimostra l’arresto del sindaco di Eraclea, Mirco Mestre, accusato di voto di scambio politico mafioso.
Clan dei Casalesi e soggetti locali a braccetto
Riciclaggio, usura, rapine, estorsioni, narcotraffico, prostituzione e inserimento di l lavoratori in maniera illegale nelle imprese. Eccoli i vari settori nel quale operavano gli appartenenti al clan dei Casalesi e i soggetti locali che hanno partecipato da protagonisti alle attività illecite.
36 indagati per reato mafioso
Nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Venezia, sono 36 gli indagati per associazione a delinquere di stampo mafioso.
Due le famiglie indicate in particolare come referenti locali del Casalesi: i Donadio e i Buonanno. Il gruppo criminale radicato in Veneto e affiliato al clan dei Casalesi è stato costituito già alla fine degli anni 90 da Luciano Donadio, originario di Giugliano in Campania, Raffaele Buonanno, originario di San Cipriano d’Aversa e domiciliato tra Eraclea e Casal di Principe, Antonio Buonanno, originario di San Cipriano e domiciliato a Casal di Principe-
Con loro, anche altre persone originarie di Casal di Principe e di alcuni centri del Casertano (Antonio Puoti, Antonio Pacifico, Antonio Basile, Giuseppe Puoti, Nunzio Confuorto), nonché della Campania in generale e del Veneto (Girolamo Arena, Raffaele Celardo, Christian Sgnaolin).
Il dialogo con i vertici della camorra era garantito da Raffaele Buonanno, imparentato con esponenti di spicco del clan Bidognetti.
Il gruppo mafioso aveva tessuto stretti legami anche con la mafia del Brenta.
I proventi illeciti alle famiglie dei detenuti
Una parte dei profitti dell’attività criminale era destinata a sostenere i detenuti di alcune delle storiche famiglie del clan dei Casalesi. Nel tempo l’organizzazione si era finanziata anche con la produzione di fatture per operazioni inesistenti per molti milioni di euro grazie ad una fitta rete di aziende intestate a prestanome, poi oggetto di bancarotta fraudolenta. Oltre alle frodi in denaro spiccano quelle perpetrate ai danni dell’Inps attraverso false assunzioni in imprese compiacenti di 50 persone vicine al sodalizio allo scopo di lucrare indebitamente su indennità di disoccupazione per circa 700 mila euro.
Sindaco e poliziotto in carcere
In carcere, oltre al sindaco di Eraclea Mirco Mestre (in foto), anche Denis Poles, direttore di un istituto di credito di Jesolo, che, come il suo predecessore indagato a piede libero, consentiva ai componenti del clan di operare su conti societari senza averne titolo, concordando con loro l’interposizione di prestanome e omettendo sistematicamente di effettuare le segnalazioni di operazioni sospette. Coinvolto anche un appartenente alla polizia di Stato, Moreno Pasquale, accusato di aver fornito informazioni riservate inerenti ad indagini agli appartenenti al clan e di averne garantito protezione e supporto a seguito di controlli subiti da parte di altre forze di polizia.