di Tina Cioffo
“Può risultare strano ma io lavoravo per il clan, tutti gli investimenti erano fatti per far crescere la nostra organizzazione e fargli fare il salto di qualità”, è quanto ha dichiarato stamattina, Nicola Schiavone collaboratore di giustizia e figlio di Francesco Schiavone alias ‘sandokan’, stamattina durante la sua testimonianza resa nell’ambito del processo denominato ‘Jambo’ in corso presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Quale fosse il ‘salto di qualità’ non lo ha chiarito ma, sollecitato dal pm Maurizio Giordano, ha detto: “quel lavoro comune del clan è stato poi messo in discussione fino ad arrivare alla rottura per colpa di Michele Zagaria che ha cominciato a gestire gli appalti in un modo completamente diverso dal nostro”. Zagaria, secondo quanto dichiarato da Nicola Schiavone, degli imprenditori diventava un socio di fatto controllando forniture e fornitori. Agli Schiavone, sempre secondo le dichiarazioni del rampollo di famiglia che ha scelto la collaborazione con la giustizia, bastava chiedere il 10% su ogni lavoro da eseguire. Un trattamento diverso che avrebbe indotto diversi imprenditori ad una sorta di esodo di casata: dagli Zagaria agli Schiavone. Almeno quelli che con il clan volevano averci a che fare.
“Il controllo economico passava non solo attraverso il controllo dei politici locali ma anche attraverso alcuni dipendenti comunali, molti dei quali erano stati assunti grazie al nostro intervento e a partire dai tempi di Bardellino”, ha spiegato Nicola Schiavone. La geografia del Casertano era stata rifatta mediante una vera e propria spartizione di territori. Un grande Risiko ma non era e non è un gioco. Trentola Ducenta toccò a Michele Zagaria e sulla figura dell’ex sindaco Michele Griffo, che nel processo Jambo risulta fra gli imputati e per il quale il pubblico ministero Giordano ha chiesto stamattina il cambio di imputazione, da concorso esterno ad associazione a delinque, il collaboratore di giustizia ha più volte richiamato i rapporti che sarebbero intercorsi fra Griffo e il capoclan casapesennese.
“Per i politici che svolgevano la loro attività a livello nazionale, ce ne interessavamo in qualche misura di meno perché quello che di importava era controllare i sindaci e la politica locale”, ha chiarito e ha aggiunto “A Casal di Principe non ci siamo posti il problema del colore politico, per noi era importante avere il controllo. Solo nel 1994 accadde qualcosa di diverso, perché venne eletto Renato Natale, l’unico che ci è sempre stato contro“, ha dichiarato Nicola Schiavone apparso in aula presso il Tribunale sammaritano, collegato in videoconferenza. Di sindaci a disposizione del clan dei Casalesi ne ha contati diversi e non solo nel Comune casalese. Natale venne poi sfiduciato per volere del clan. E’ poi tornato ad essere primo cittadino di Casal di Principe nel 2014 dopo aver vinto le elezioni al ballottaggio. Sull’ex primo cittadino Cipriano Cristiano, lo Schiavone collaboratore, si era già soffermato nel verbale dello scorso luglio, in riferimento al centro commerciale ‘Il Principe’ mai costruito. Con Cristiano, Nicola Schiavone ha ricordato di essersi incontrato anche nello studio medico che Cristiano aveva in via Parroco Gagliardi: “entrai dall’ingresso laterale dello studio medico del Cristiano, situato nei pressi della scuola elementare, dall’altra parte c’erano anche i pazienti perché la riunione si svolse di pomeriggio. In quell’ occasione mi furono consegnati 100mila euro, come prima tranche di un milione e trecento mila euro che sarebbe andato nelle casse del clan”.