La Commissione parlamentare Antimafia ha presentato la relazione sul 4-bis per disciplinare le scarcerazioni ed i benefici per i detenuti. A relazionare, il presidente Nicola Morra, il senatore Pietro Grasso e la deputata Stefania Ascari.
“In questo momento di emergenza la lotta alle mafie rimane la priorità. Le mafie si preparano a raccogliere tutti quei fattori di crisi ora emersi. A livello simbolico in alcuni territori, dove il simbolo vale forse anche più del fatto reale, quello che è avvenuto è stato un esempio di inefficienza da parte delle autorità preposte. Giacché la mafia si nutre soprattutto di simboli, tutto questo ha rappresentato un vulnus alla credibilità dello Stato. Parimenti è altrettanto vero che lo Stato ha reagito e sta reagendo”. Lo ha detto il presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra, in merito alle scarcerazioni di alcuni boss finiti ai domiciliari durante l’emergenza Covid. Assieme al senatore Pietro Grasso e alla deputata Stefania Ascari, Morra ha presentato la Relazione sul 4-bis, redatta dalla Commissione e approvata dalla maggioranza, che riguarda la disciplina sulla valutazione dell’accesso ai benefici penitenziari. Un tema diventato particolarmente ‘caldo’ dopo alcune scarcerazioni eccellenti come quella di Pasquale Zagaria del clan dei Casalesi.
Prima proposta
La proposta è attribuire al Tribunale di Sorveglianza territoriale la competenza per le istanze di permesso premio presentate dai condannati e dagli internati per reati associativi, per delitti mafiosi e di criminalità organizzata, eversiva o terroristica e per traffico di stupefacenti. Quest’ultima soluzione sarebbe assicurata da un giudizio collegiale e rafforzata anche dalla presenza dei componenti esperti non togati e dalla partecipazione all’udienza della pubblica accusa. La possibilità di valutare eventuali reclami sarebbe poi affidata alla Cassazione. L’ipotesi è stata prospettata dal senatore Pietro Grasso, membro della Commissione Antimafia, che ha partecipato alla redazione della Relazione sul 4-bis, che riguarda la disciplina sulla valutazione dell’accesso ai benefici penitenziari. Grasso ha spiegato che i detenuti per reati di mafia “sono circa 9mila, per questo dare a tutto il territorio nazionale questa competenza di decidere sarebbe un carico notevole. La magistratura di Sorveglianza per definizione è una magistratura che si definisce di prossimità, cioè molto vicina a coloro che amministrano la posizione carceraria. Trasferire dal singolo magistrato, che può non avere tutti gli strumenti per decidere, al Tribunale di Sorveglianza per i reati associativi, mi sembra una soluzione migliore”.
Seconda ipotesi
L’altra ipotesi proposta all’interno della relazione è prevedere una giurisdizione esclusiva da parte del Tribunale di Sorveglianza di Roma, dunque la concentrazione ad un unico Tribunale a competenza nazionale, in merito alla valutazione dell’accesso ai benefici penitenziari, con la possibilità di fare reclamo che sia valutato da una corte di appello di Roma integrata dalla presenza di esperti oppure direttamente il ricorso in Cassazione. Sulla seconda ipotesi, quella “accentrata”, si è espressa la deputata e membro della Commissione Stefania Ascari: “in questo modo si eviterebbe il rischio di una giurisprudenza ‘a macchia di leopardo’, ovvero una difformità di decisioni che ci potrebbero essere. E’ ovvio che questo presuppone una modifica della pianta organica e prevede l’ampliamento dei giudici, degli esperti e del personale amministrativo. E’ un’opzione valida così come quella del ‘doppio binario’ proposta da Grasso“, che invece prevede una disciplina differenziata a seconda della tipologia di reati per cui il soggetto è stato condannato.