“Il corruttore” tra omissioni e contraddizioni
Alberto Di Nardi, l’imprenditore della società di gestione dei rifiuti Dhi, non è stato ritenuto attendibile. Le sue dichiarazioni, ricche di contraddizioni e omissioni, sono state smontate dagli interrogatori e dalle prove documentali prodotte dalla difesa dell’ex sindaco Dario Di Matteo che ieri è stato assolto con formula piena dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
L’imprenditore vitulatino aveva evidentemente cercato di salvare il salvabile una volta finito nell’inchiesta giudiziaria con la quale era stato messo in evidenza il suo modus operandi in alcuni Comuni del Casertano, quello del “corruttore”, per prendere in prestito il titolo del suo libro autobiografico.
Di Nardi aveva sostenuto di sentirsi “sotto pressione”. Sotto pressione perché veniva chiamato ad ottemperare agli obblighi previsti dal contratto con l’Ente, a prelevare i cumuli di immondizia che lasciava per strada ad esempio. Sotto pressione perché sapeva che non sarebbe stato possibile continuare a lavorare con il Comune dietro proroghe, visto che la neo amministrazione comunale del 2015 guidata da Di Matteo si stava già organizzando per indire una nuova gara. E per incontrare Di Matteo, che di Di Nardi non aveva mai avuto una lusinghiera opinione, l’imprenditore aveva cercato varie strade.
Un sindaco dell’agro aversano cercò di aiutare Di Nardi
Si era rivolto perfino ad un sindaco del territorio aversano che cercò invano di intercedere presso Di Matteo affinché questi assumesse un atteggiamento più morbido nei confronti della Dhi. Nulla da fare, dalla difesa è stato ricostruito come gli sporadici incontri tra Di Matteo e Di Nardi fossero avvenuti sempre e solo per migliorare il servizio. In fondo l’ex sindaco era quello che, da consigliere comunale, due anni prima, aveva denunciato la Dhi alla Procura sammaritana per gli affidamenti all’impresa ritenuti illegittimi. Di Nardi pensò in ogni caso tuttavia di rilasciare dichiarazioni evidentemente frutto del tentativo di salvaguardare la sua posizione, a discapito di altri, come sottolineato dalla difesa.
Contestazioni formali del Comune per i disservizi Dhi
E così nel suo racconto alla Procura omise di dire che c’erano state contestazioni formali per i suoi disservizi, tanto da dover prevedere una nota di credito di 12 mila euro a firma della Dhi nei confronti del Comune che avrebbe poi decurtato la somma da quanto dovuto. Dichiarò di aver ricevuto da Di Matteo richiesta di assunzione di tre persone, ma delle tre ricordava solo il nome del nipote dell’ex assessore all’ambiente. Sarà non solo l’assessore ad affermare di essere stato lui in prima persona a chiedere l’inserimento del ragazzo nel progetto Garanzia Giovani, ma anche la stessa moglie di Di Nardi sconfesserà il marito.
Di Nardi era consapevole di trovarsi in una posizione di irregolarità e se le contestazioni per chiedere il rispetto delle regole fossero state lette dal giudice come uno strumento per esercitare pressione psicologica sarebbe potuto passare il messaggio che agli amministratori non spetta esercitare il proprio ruolo di controllo nei confronti di chi è in una posizione di difetto.
Di Matteo fu tratto in arresto nel febbraio 2017. Tradotto nella casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, subito dopo l’interrogatorio per lui il gip dispose la misura dei domiciliari. Successivamente il Tribunale del Riesame annullò l’ordinanza scaturita dall’inchiesta nata dalle dichiarazioni di Di Nardi e di Antonio Scialdone, personaggio di punta della Dhi.
L’inchiesta dalle dichiarazioni di Scialdone
L’incipit dell’ inchiesta nasce proprio dalle indicazioni fornite da Scialdone, quando riferisce di aver appreso da un dipendente del cantiere di Teverola, che a sua volta aveva avuto notizie in tal senso dall’allora vicesindaco di Teverola Tommaso Barbato, che Di Matteo, non soddisfatto dell’operato della Dhi, aveva intenzione di indire una gara per l’affidamento del servizio di igiene urbana.
Il comizio del sindaco Barbato
L’ex vicesindaco è intanto stato eletto primo cittadino di Teverola e nella sua storia politica resterà di certo un comizio che molte reazioni suscitò in campagna elettorale, quando dal palco sventolò il suo casellario giudiziario affermando come il suo fosse immacolato e facendo riferimento all’inchiesta in cui era coinvolto Di Matteo.
La vicenda che si è conclusa ieri con l’assoluzione piena per l’insussistenza del fatto è stata il cavallo di battaglia per gli avversari dell’ex sindaco, oggi capogruppo di opposizione di “Teverola città fertile”. C’è addirittura chi, facendo il caseggiato, avrebbe invitato i cittadini a non votare Di Matteo perché tanto sarebbe stato condannato. Una strumentalizzazione che Di Matteo ha sempre sottolineato in questi mesi, puntando il dito contro “la macchina del fango”.
Alessandra Tommasino