“Era una brava signora, non meritava di morire in questo modo”, ha detto una vicina ancora in vestaglia e con in braccio un cagnolino. “La conoscevo solo di vista, è sempre stata riservata ma di una gentilezza garbata che lasciava solo presagire la sua tristezza anche se ci ha mai detto nulla”, ha continuato la donna. “I litigi erano continui e li sentivamo, io stesso delle volte le ho chiesto se avesse bisogno di aiuto”, ha ricordato un uomo mentre guardava dritto il balconcino dell’appartamento nel quale Filomena é stata uccisa dalle botte del figlio, Marco Mattiello.
I parenti invece sapevano e qualcuno di loro le aveva consigliato appena una settimana fa, di allontanarsi da quel figlio violento ma Filomena aveva creduto di farcela, di riuscire a tranquillizzare il suo ragazzo. Nipoti e fratelli sono arrivati con il dolore impresso sul volto. I carabinieri li hanno fatti entrare anche solo per un attimo, un ultimo saluto. “E’ la prima volta che li vedo, per tutto questo tempo ho avuto la sensazione che nessuno la aiutasse”, ha commentato un ragazzo con gli occhiali che vive nel palazzo accanto. “Era una ragazza madre”, ha detto una cugina. Il padre di Marco Mattiello non ha mai vissuto con loro. Nonostante la fredda giornata invernale di pioggia c’è chi si è intrattenuto ad aspettare che la salma venisse portata fuori da quella casa segnata dalla sofferenza. Ad un certo punto è arrivata anche la donna delle pulizie accompagnata da un’amica. Voleva portarsi via il cane di Filomena e Marco, una cagnolina di nome Dascia caricata sul furgoncino della protezione animali evidentemente spaventata.
Poi il silenzio. Marco Mattiello dovrà affrontare un processo per aver ucciso l’unica persona che lo abbia mai veramente amato. I parenti di Filomena la piangeranno interrogandosi forse sul perché e su cosa avrebbero potuto fare. I vicini guarderanno l’appartamento al primo piano del parco Wojtyla pensando sempre anche solo per un attimo alla tragedia. Intanto la vita va avanti.